L'esultanza di Vlahovic col Milan: sognare non costa ma smettiamola subito
Siamo all'85' di Fiorentina-Milan, risultato di 3-2 in favore dei viola ma rossoneri capaci di avviare un minaccioso principio di rimonta dopo essere stati sotto di tre gol, un momento chiave della sfida: Nico Gonzalez pressa efficacemente Theo, lo induce all'errore, il pallone scivola e si sistema alla perfezione per Dusan Vlahovic, sinistro rasoterra e pallone in rete, partita di fatto chiusa (al di là di un innocuo 4-3 all'ultimo secondo).
Il Franchi esplode, questo non fa notizia dato il valore liberatorio del gol dopo la paura, ma quel che invece ha finito per sorprendere, per scatenare qualche sguardo interrogativo e altrettanti tentativi d'interpretazione, è stata l'esultanza di Vlahovic: il serbo ha indicato sé stesso e poi il terreno da gioco del Franchi, per più volte, dopo aver sistemato i conti.
Un gesto da spiegare
Dal momento in cui Firenze vive il paradosso di esultare "con riserva" ad ogni gol di Vlahovic, salvo poi inveire realizzando di poterselo godere per poco, questione di mesi, è evidente che ogni gesto e ogni movimento possano scatenare turbamento in una piazza innamorata; altrettanto chiaro è che quel gesto specifico, indicare il Franchi dopo aver segnato, possa condurre i più ingenui sognatori a correre con la mente e a costruire finali fantascientifici a film di altro genere, ben più terra terra.
Del resto è difficile che un gesto sia effettivamente univoco, che non abbia bisogno di una contestualizzazione e di un'interpretazione conseguente: un uomo passeggia per strada e a un certo punto individua un passante e, d'improvviso, gli molla un destro. Un fatto drammatico, una situazione tale da richiedere l'intervento delle forze dell'ordine. Ma se accadesse lo stesso su un set cinematografico, con un copione e qualcuno che riprende la scena? D'improvviso tornerebbe tutto alla normalità, non ci sarebbe più niente per cui allarmarsi.
Cosa significa l'esultanza di Vlahovic?
Allo stesso modo è impossibile dare un senso a quell'esultanza senza contestualizzare: superficialmente quel gesto vorrebbe dire "io resto qui", incrociando sogni inconfessabili dei tifosi viola, ma più in profondità c'è altro. Quel gesto potrebbe più verosimilmente riferirsi a un dato: dei 10 gol segnati fin qui in stagione da Vlahovic 7 sono arrivati al Franchi e nelle ultime vittorie consecutive ottenute dai viola in casa (con Cagliari, Spezia e Milan) il serbo ha sempre segnato (ben 6 i gol, limitandoci a queste sfide).
In sostanza si può affermare a ragione che il Franchi è più che mai la casa di Dusan: "Qui comando io", può affermare senza timore di smentita.
Quel rigore non tirato sotto la Fiesole non ha dunque avuto un seguito di timidezza, di chi rifugge le responsabilità, ma Vlahovic ha dimostrato a tutti gli effetti di essere pienamente concentrato sul suo presente, dedito alla causa viola senza risentire di voci, trattative interrotte o sogni futuri di grandezza.
Quell'esultanza non è una promessa o un proposito futuro, dunque, ma la semplice rappresentazione dell'attuale realtà dei fatti: quella ora è casa sua e, per adesso, è lui che comanda e decide. E se è vero che sognare non costa nulla, poiché i fatti restano comunque gli stessi, è altrettanto vero che la disillusione è forse il prezzo più caro da pagare per un tifoso: è sempre vitale proseguire coi piedi per terra.
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