Europeo itinerante? Avanti chi si è spostato meno: un esperimento da rivedere
Da tempo, in modo anche ossessivo e prossimo al tormentone estivo, si ragiona di come il calcio stia "tornando a casa": il coro inglese rimbomba inesorabile e lo farà anche prima e durante la finale di domani, contro l'Italia, ma è evidente a questo punto come la parola "casa" diventi centrale per osservare quanto accaduto in questo Euro 2020 arrivato ormai vicino ai titoli di coda.
Nel coro inglese il concetto di casa si lega senz'altro a una questione storica e simbolica, pensando alle radici del calcio e alla sua diffusione nella seconda metà del 1800, ma di fatto Euro 2020 ha reso chiaro un concetto: casa va valutata anche come concetto pratico e fisico, come luogo insomma dentro cui ospitare gli altri senza bisogno di spostarsi, di viaggiare, di diventare trottole che attraversano in lungo e in largo l'Europa. Un discorso che trova una risposta lampante negli esiti finali e nelle squadre che sono riuscite ad andare avanti, fino alle semifinali: le quattro squadre che sono arrivate a giocarsi l'accesso alla finale (Danimarca, Inghilterra, Italia e Spagna) appartengono infatti al gruppo di Nazionali (in tutto sei) che nella fase a gironi non si sono mai spostate dalla loro sede o comunque dal loro Paese, giocando sempre, rispettivamente, a Copenaghen, a Londra, a Roma e a Siviglia.
Ancor più emblematico poi è il caso inglese, del resto il più discusso: Danimarca, Italia e Spagna (dopo la fase a gironi) hanno dovuto infatti fare le valigie e spostarsi in altre sedi per giocare ottavi, quarti e semifinali. L'Inghilterra, però, si è spostata soltanto in un'occasione, quella dei quarti di finale contro l'Ucraina giocati all'Olimpico. L'Italia ad esempio si è spostata a Wembley e all'Allianz, la Danimarca a Wembley e ad Amsterdam, la Spagna a Wembley e a Copenaghen. Già in partenza parliamo dunque di un novero di squadre che ha dovuto compiere pochissimi spostamenti, nessuno nell'ambito della fase a gironi, e che poi (a differenza dell'Inghilterra) ha iniziato a spostarsi solo in concomitanza con la fase a eliminazione diretta.
Si tratta dunque di qualcosa di diverso dal mero fattore casalingo, considerando anche il differente grado di riempimento degli stadi e di capienze consentite per le misure anti-Covid: ogni spostamento comporta comunque uno sforzo, non solo logistico, e appare dunque logico un legame tra chilometri percorsi e una maggiore stanchezza, con Nazionali che anche nell'arco della fase a gironi si sono dovute spostare da una parte all'altra dell'Europa (ben 9mila i chilometri percorsi dalla Polonia, più di 4mila quelli fatti da Slovacchia, Turchia e Galles, ad esempio).
La recente presa di posizione di Ceferin è emblematica e chiara: difficilmente l'idea di un torneo itinerante, almeno a questo livello, potrà essere riproposta: la situazione che si è venuta a creare ha generato troppo distacco tra le squadre coinvolte, ponendole in condizioni oggettivamente diverse e non favorendo dunque una battaglia in tutto e per tutto ad armi pari.