Fare cose epocali e scatenare mugugni: Fiorentina, corto circuito comunicativo
Quanto detto da José Mourinho in occasione della conferenza stampa di presentazione come tecnico della Roma è stato, per certi versi, illuminante: quel che il tecnico portoghese ha compiuto di recente viene indicato inesorabilmente come disastroso quando, a parità di risultati, altri tecnici sarebbero esaltati, con tutti gli onori del caso. Illuminante, sì, perché rende chiaro un concetto: i fatti non bastano, i risultati neanche, ma tanto di quel che accade nel calcio passa dal filtro di un racconto, di un passaggio ulteriore rispetto a ciò che, banalmente, è.
Un tragitto accidentato, questo, che percorre ogni faccenda legata al pallone e che, da tempo, è divenuto noto in una realtà come quella viola: ora più che mai, in casa Fiorentina, si è tracciato un abisso tra ciò che è e ciò che emerge mediaticamente. Non si tratta di un fraintendimento che piomba dall'alto e, come nel caso di Mourinho, è figlio di strategie e percorsi comunicativi ormai profondamente radicati: ora più che mai sembra surreale il modo in cui l'ambiente fiorentino sia ripiegato in un circolo vizioso, con un paraocchi che impedisce di osservare la visione d'insieme. Quale sarebbe la visione? L'attuale proprietà è stata la prima a compiere passi concreti, con uno sbocco effettivo, sul fronte del Centro Sportivo: quel Viola Park che per decenni è rimasto pura utopia, la novella dello stento da raccontarsi anche con amara ironia, un progetto divenuto realtà e ora in corso di realizzazione. Un aspetto per certi versi epocale, nel panorama gigliato, che già di per sé potrebbe condurre a un racconto diverso, più armonioso e celebrato, meno spigoloso.
Ma si va oltre: in una sessione di mercato che si preannuncia piuttosto "povera" d'investimenti, perlomeno pensando a investimenti cash d'impatto, Commisso ha spinto con forza su un colpo come Nicolas Gonzalez, l'argentino è divenuto l'acquisto più costoso di sempre della storia viola, in un contesto generale che non sta regalando grandi scossoni. Dunque: Centro Sportivo avviato verso la realizzazione e colpo più costoso di sempre, ingredienti che però non riescono a sortire gli effetti prevedibili. Perché succede questo? Il discorso connesso a Gattuso, col caso che ha sancito l'addio prematuro alla Fiorentina ancor prima di iniziare la stagione, risulta persino marginale (agli occhi dei tifosi) rispetto ad altre questioni.
Da un lato c'è Giancarlo Antognoni, la cui posizione nel club è più che mai in bilico, apparendo a tratti quasi segnata: c'è chi vede questo addio come una pietra tombale sul legame tra l'attuale club e un pezzo fondamentale di storia, il più sentito emotivamente e il più riconoscibile anche fuori dai confini fiorentini. Una questione di rispetto e di valorizzazione di una risorsa, questione che torna in ballo anche parlando di Franck Ribery: il francese non ha rinnovato il contratto coi viola nonostante la ferma intenzione di farlo, da parte del giocatore, e ha denunciato il silenzio da parte della società. Un corto circuito comunicativo che consegna l'idea del club come un freddo monolite, come un'entità impermeabile agli umori e ai desideri della piazza, a tal punto da mettere in ombra traguardi e investimenti mai visti prima nel contesto Fiorentina, aspetti che (visti con distacco) potrebbero davvero sancire un salto di qualità della società viola. Un paradosso, dunque, da un lato anche ingeneroso verso la proprietà ma, al contempo, figlio di un racconto non sempre efficace e non sempre in grado di arrivare alle orecchie del tifoso.