Figlio di un'arte maggiore prestato al calcio: Cantona, l'audace presunzione di chiamarla Poesia
Perché un artista dovrebbe sminuire, a parole, il livello dell'arte in cui eccelle? Un paradosso apparentemente senza spiegazione: toccherebbe immaginare un artista in grado di trascendere la propria arte, di attraversarne i confini e di plasmarne di nuovi: vale per un pittore, per un musicista e vale persino per un calciatore. Il calcio è un giochino piuttosto semplice, potrà obiettare qualcuno: si tratta di colpire il pallone con un piede provando a imprimere la giusta forza e la giusta direzione, all'interno di un gruppo di altre dieci persone con cui convivere, tuo malgrado. "Il calcio è un'arte minore, a me interessano le arti maggiori", parole di un Eric Cantona ventunenne a France Football: voleva rifuggire con tutto se stesso dall'idea di calciatore come ingranaggio asservito a un dominio più grande, senza un'identità propria e una forza vitale da esprimere e da raccontare.
Parole maiuscole e importanti in un contesto che correva, e corre sempre di più, il rischio di scivolare costantemente nel gretto sentiero della banalità e del conformismo. Cantona si proiettava già oltre: prima ancora di esplodere come calciatore considerava il dopo, la sua "vera vita", quella che poi - finita la parentesi calcistica - è diventata realtà. Il ragazzo di Marsiglia allora dipingeva, del resto lo faceva anche sul campo, ma ha saputo poi scoprirsi come attore: non il calciatore VIP a caccia di ulteriore popolarità, di una nuova pioggia di milioni a rimpolparne le casse, ma un artista (appunto) pronto a mettersi alla prova col cinema d'autore, in patria come fuori, a cimentarsi con la serialità televisiva e a scommettere davvero su quel lato di sé, oltre al pallone, quel lato che già da giovane sapeva di avere.
Quando si cerca di ripercorrere la storia calcistica di Cantona, attraverso le sue tappe giovanili in Francia e il suo massimo splendore con la maglia dello United, ci si imbatte in un elenco di scontri, liti e provocazioni nei confronti di avversari, arbitri e giornalisti: l'emblema è il calcione rifilato a Matthew Simmons, tifoso del Crystal Palace, nel gennaio del 1995.
Inciampare in episodi simili è inesorabile, ripercorrendo questa storia, ma sarebbe svilente e riduttivo pensare alle avventure di una testa calda, di uno spaccone presuntuoso insofferente alle regole. C'è qualcosa di profondamente distante da tutto questo: c'è il gesto tecnico, l'intenzione estetica dietro alla giocata, il tocco personale dell'uomo in un recinto di semplici atleti. E non erano pugni e calci: basta ripescare un video delle giocate di Cantona per scoprire che la sua fama non nasce dalle violenze ma dal loro opposto, le carezze date al pallone in un calcio inglese che, allora, non brillava per finezze tecniche e non andava certo per il sottile.
Badavano tutti al sodo, lui badava all'emozione e alla poesia. Il violento e il presuntuoso non imprimono il loro nome sulle pareti di uno stadio e dentro i ricordi di un tifoso: la provocazione e la reazione rabbiosa sono i semplici effetti collaterali di un ego debordante e di una passione sfrenata, che tende a spazzare via i muri e le pareti che la ostacolano, fallendo. Il bavero alzato è un vezzo? Le frasi ad effetto sono mere provocazioni per conquistare un titolo? Forse per qualche giovane promessa di questo 2020 lo sarebbero, ma non per Cantona. Chi è in grado di indovinare la posizione di un compagno alle proprie spalle e di smarcarlo con un colpo di tacco può permettersi il vezzo, chi disegna parabole morbide che si infilano sotto al sette può alzare il bavero del colletto e può sentirsi ospite d'onore al banchetto del pallone.
Il dialogo sul calcio in Il mio amico Eric racconta tanto, se non tutto: "Mi piaceva sorprendere gli spettatori, in ogni partita io cercavo di fargli un regalo. Qualche volta non mi riusciva ma quando succedeva...ma prima dovevo riuscire a sorprendere me stesso, accettare il rischio. Dipende dai limiti che scegli di porti. Giochi sul sicuro? Nessun rischio. Capito?". Per una volta almeno i numeri possono risultare un tassello, una piccola tessera: conta il numero dei gol o degli assist o conta di più il valore dei regali offerti a compagni e tifosi? E del resto non può essere un caso se persino Liam Gallagher, ex frontman degli Oasis e celebre tifoso del Manchester City, ha scelto di fare di Cantona il protagonista assoluto del video di Once: un avversario di mille battaglie a cui si donano onore e dignità, come a riconoscere un comune Dio del calcio a cui essere devoti al di là dei colori. Non c'è forse una nota di poesia?
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