Fiorentina-Juventus: ancora tu?
"Ancora tu, non mi sorprende lo sai? Ancora tu, ma non dovevamo vederci più?"
- Ancora Tu (Battisti/Mogol, 1976)
Storie di amanti che si sono persi nella passione e si sono concessi l'un l'altro, sguardi complici che diventano infuocate promesse di vendetta, intrecci di destino che tornano e lo fanno nel momento più cruciale, ravvivando ancora una volta i ricordi e riaprendo ferite.
In un'ultima giornata di Serie A insolitamente ricca di verdetti rimasti ancora da esprimere, in cima come in fondo, l'Artemio Franchi si pone come crocevia stagionale per la Fiorentina di Vincenzo Italiano, arrivata (tra gli alti e bassi delle ultime settimane) a giocarsi in una partita da dentro o fuori le speranze di tornare in Europa, in Conference League, dopo un'assenza dai trofei continentali che dura dal 2016/2017 (ultimo atto, quello col Borussia Monchengladbach, con illusoria rete di Bernardeschi, allora pupillo gigliato).
Si tratta di giocarsi una carta fondamentale per il futuro e di farlo sotto gli occhi di chi ti conosce, di chi sa dove colpirti, di chi in fondo ha già saputo farti male e potrebbe fartene ancora. Si tratta, in fondo, di continuare a frequentare gli stessi posti, guardandosi intorno, assaporando perversamente il brivido di poter incrociare ancora quello sguardo. E anche stavolta, eccolo.
Unica, oppure una come tante
Un brivido privato, affatto condiviso, come appunto in una storia di vecchi amanti che si sono persi di vista: chi va avanti con la propria vita e chi invece si arrovella la mente, chi dimentica le logiche del cuore e chi ne patisce ancora il colpo. Chi pensa sia un momento speciale, chi d'altro canto è già proiettato oltre: per la Fiorentina è tutto, per la Juventus è solo un'ultima pratica da sbrigare, tra addii, saluti e pensieri che corrono altrove. In casa viola si ricorre alla "spinta del Franchi" come propulsore di cui farsi forza, si citano le motivazioni come lasciapassare verso l'obiettivo, come faro che illumina il percorso.
Eppure l'esperienza recente insegna come questa Fiorentina abbia fatto i conti, e li abbia pagati salati, con la pressione in più rispetto alla rivale di turno: è successo in modo clamoroso contro Udinese e Sampdoria, squadre ormai tranquille dal punto di vista della classifica, capaci di far valere quella serenità trasformandola in leggerezza e coraggio, senza dunque quel macigno che invece (in modo chiaro) pesava sui viola. Campanelli d'allarme che fanno capire quanto la squadra di Italiano patisca la poca esperienza in sfide da dentro e fuori, oltre a una logica pressione data dagli anni di assenza dal palcoscenico europeo.
Se alle pressioni di classifica, quelle chiarite già dai numeri, si aggiunge anche il peso di una rivalità sportiva che fa ribollire la città è lampante il peso che ogni pallone potrà avere per l'undici gigliato. Un appuntamento con una vecchia fiamma in cui ogni parola risulta decisiva, può spostare il senso di quel momento. Da una parte chi sente ribollire il sangue e sussulta, dall'altra chi non ha motivo di vacillare e può farsi forte di numeri che dicono tanto: la Fiorentina ha vinto soltanto due delle ultime sedici sfide di Serie A contro la Juventus: il 22 dicembre 2020 e il 15 gennaio 2017, raccogliendo invece tre pareggi e ben undici sconfitte.
Nemica o complice
E la poetica di Battisti del resto ha spesso vissuto in equilibrio tra passioni e gelosie, tra persone vicine che si trovano d'un tratto ad essere nemiche, si fanno insidiose. Nemica poiché protagonista di ferite passate, basti pensare alla recente quarantennale dallo "Scudetto rubato" (o così perlomeno nel suo racconto), nemica poiché pronta a frantumare illusioni e a portarti via quanto di più caro tu possieda: Bernardeschi, Chiesa e Vlahovic come segno inesorabile che racconta plasticamente una posizione dominante difficilmente eludibile, ghigno beffardo di cui farsi forti.
Eppure anche complice, per quanto possa apparire assurdo a priori. Non si tratta certo di rispolverare le "scomode" simpatie bianconere di un giovane Rocco Commisso ma, di fatto, gli affari di mercato tra le due parti (a dire il vero in una direzione sola) fanno ormai parte della routine del nostro calcio, con tanta distanza nel cuore ma una pragmatica vicinanza quando si tratta di portafogli. Un fattore, questo, che rende ancor più fluida la distanza tra odio e identità, che rende paradossalmente nemico chi prima non lo era, che porta a guardare l'avversario e a trovarci tracce di chi eri. Rendendosi conto che, per quanto sia assurdo, lasciarsi non è possibile.
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