Il turnover di Sacchi e la dolorosa scoperta di Nedved: l'Italia a Euro '96
La consuetudine che vedeva un Mondiale sorprendente seguito da un Europeo fallimentare, o da una mancata qualificazione, si rinnovò per l'Italia anche in occasione di Euro '96. Una competizione, la decima edizione del torneo, che sancì un avvicinamento, seppur graduale, all'attuale conformazione degli Europei: si abbandonò in sostanza il novero ristretto a otto partecipanti per passare a sedici, suddivise in quattro gironi da quattro squadre ciascuno, con le prime due di ogni gruppo che sarebbero dunque approdate ai quarti di finale. Una nuova configurazione degli Europei che avrebbe dato modo anche a compagini generalmente tagliate fuori dai giochi di mettersi in mostra e di salire alla ribalta, con l'intenzione di rendere più spettacolare e accesa la manifestazione.
Non si trattò però della sola novità: erano anche gli Europei del sadico golden gol, già sperimentato a livello di Under 21 e importato in quell'occasione nel calcio dei "grandi", non senza conseguenze sull'atteggiamento delle squadre in campo. Un problema che, almeno in quell'occasione, non arrivò a toccare l'Italia, fermata già ai gironi e beffata da quella (debuttante) Repubblica Ceca capace di arrivare fino alla finale e trascinata da un giovane Nedved, scatenato proprio contro gli Azzurri. La continuità rispetto a USA '94 era rappresentata dalla guida di Arrigo Sacchi ma, al contempo, non mancavano tratti di rottura e vere pietre dello scandalo: l'esclusione di Roby Baggio su tutte, spiegata poi dal CT come scelta dettata solo dalla condizione fisica, ma anche il mancato pass a Vialli e Signori. L'Inghilterra, intanto, attendeva a braccia aperte quell'edizione dell'Europeo: football is coming home cantavano i tifosi dei Tre Leoni, pienamente convinti delle potenzialità della squadra di Venables, con Gascoigne, Shearer e Sheringham a rafforzarne i sogni di gloria.
E l'Italia? Detto delle polemiche legate a Sacchi, partite con le convocazioni e proseguite senza soluzione di continuità per le scelte di formazione effettuate nel girone, resta da raccontare un Europeo permeato di rimpianti: il gruppo C, insieme agli Azzurri, vedeva come protagoniste la temibile Germania di Vogts, la Repubblica Ceca e la Russia. E proprio contro i russi iniziò l'avventura azzurra, con un 2-1 che sembrò premiare le scelte di Sacchi e che mise in luce Casiraghi come scatenato bomber della Nazionale e Zola come elemento più ispirato e talentuoso. Tra la vittoria contro la Russia e la successiva sconfitta con la Repubblica Ceca si consumò però l'emblematico fallimento della logica propugnata da Sacchi, quella del turn-over come necessario viatico per il successo: la rivoluzione nell'undici iniziale, con tanto di esclusione di Zola e Casiraghi inseriti solo nella ripresa a caccia del pari, condusse (insieme all'espulsione di Apolloni) alla sconfitta contro la Repubblica Ceca. Con un protagonista su tutti: quel Pavel Nedved, allora ventiquattrenne, che stregò la Lazio e si conquistò dunque un approdo in Serie A, col gol in avvio e con una prestazione da leader nel 2-1 sugli Azzurri.
La sconfitta contro la Repubblica Ceca fu lo snodo cruciale dell'avventura italiana agli Europei, un passo falso che rendeva decisiva la sfida contro la Germania, ultimo e più difficile atto del girone. Un epilogo ricco di rimpianti, col rigore fallito da Zola come emblema finale di quell'Europeo da vorrei ma non posso, partito con segnali incoraggianti e terminato invece in modo beffardo, tra critiche verso il CT e insofferenza di alcuni protagonisti, con Del Piero utilizzato fuori ruolo e poi tenuto fuori. Il pareggio a reti inviolate con la Germania sancì insomma l'esclusione dal torneo: Italia e Repubblica Ceca arrivarono appaiate al secondo posto, ma il 2-1 nello scontro diretto a favore dei cechi premiò la Nazionale di Nedved e fece fuori gli uomini di Sacchi.
E furono proprio la Germania e la Repubblica Ceca a giocarsi il successo finale, ulteriore boccone amaro per i colori azzurri, coi tedeschi di Vogts vittoriosi grazie a Bierhoff e alla sua doppietta, con golden gol all'inizio dei supplementari a gelare i cechi e a riportare la Coppa ai tedeschi dopo 16 anni di attesa.