Fuser: "Tre finali europee come negli anni '90? È diverso, ora ci sono meno italiani"

Diego Fuser
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ESCLUSIVA - Roma e Parma, due città e tre maglie, precisamente quella biancoceleste, giallorossa e crociata (oltre a quelle del Torino, del Milan e della Fiorentina). La carriera di Diego Fuser è stata ricca di successi, basti solo pensare che col club emiliano ha vinto una supercoppa italiana, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Lui è stato tra gli ultimi a sollevare il terzo trofeo allo stadio Luzniki di Mosca contro il Marsiglia e noi di 90Min l'abbiamo contattato per fargli qualche domanda sulla piazza laziale e romanista, sui derby giocati e sull'imminente sfida di Budapest tra Roma e Siviglia, oltre a chiedergli una considerazione sul calcio odierno e quello degli anni '90. Ecco quanto emerso.

Avere tre italiane nelle finali di coppe europee rende logico un parallelismo con gli anni '90?

"Diciamo che ci sono un po' di diversità, a me sembra che le squadre italiane siano composte da molti più stranieri rispetto ad allora. Una volta c'erano più italiani in una squadra italiana rispetto a ora. Se guardo una partita come Fiorentina-Inter e se guardiamo gli italiani che ci sono in campo ce ne sono veramente pochi".

Da doppio ex di Roma e Lazio, meglio fare all-in sul campionato o sulla coppa?

"Secondo me queste cose nel calcio non esistono. Quando si va in campo si cerca sempre di vincere la partita che stai facendo. Quando perdi stanno male sempre tutti e penso che tutti vogliano vincere qualsiasi partita. L'importante è avere la mentalità di voler vincere sempre".

Come ha vissuto il derby di Roma? Che differenza c'è tra le due piazze?

"Alla Lazio li ho vissuti di più perché li ho sempre giocati, alla Roma non li ho giocati. C'era anche un diverso attaccamento alla maglia: con la Lazio ho fatto sei anni, con la Roma ne ho fatti due. Sicuramente non sentivo l'attaccamento che avevo con la maglia della Lazio, ma l'importante è averlo fatto nei momenti giusti, ovvero giocando nel momento giusto".

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Diego Fuser / JACK GUEZ/GettyImages

Avere realtà diverse rispetto alle "solite note" può essere un segnale di crescita per il nostro calcio?

"Mi auguro di sì, però per parlare di crescita di calcio dovrebbero giocare più italiani e invece siamo in un calcio dove un po' tutto è in mano ai procuratori e forse si fa anche fatica nel selezionare giovani italiani perché non c'è convenienza. E' un calcio molto diverso rispetto a quello che giocavo io".

Da ex Lazio, uno dei segreti di Sarri è stata la capacità di reinventarsi con gli elementi presenti in rosa, anziché rivelarsi "integralista" come spesso si ritiene?

Maurizio Sarri
Maurizio Sarri / Silvia Lore/GettyImages

"Io penso che un allenatore debba essere bravo a fare il massimo dei risultati con la rosa che ha a disposizione. Quando ci si lamenta sicuramente hai meno possibilità di cambiare, ma io mi ricordo che in un anno ho fatto quaranta-quarantacinque partite e non volevo mai essere sostituito, quindi i giocatori vorrebbero sempre giocare. Se hai una rosa come ad esempio quella dell'Inter per un allenatore c'è più scelta. Se con la rosa che hai però fai bene senza lamentarti hai vinto due volte".

Cambiamo squadra e città: se le dico Parma cosa le viene in mente?

"Mi viene in mente quando abbiamo vinto la Coppa UEFA. Ho fatto tre anni bellissimi in una cittadina meravigliosa come Parma, sono arrivato con tanto entusiasmo e quando sono andato via sicuramente ho lasciato lì un pezzo della mia carriera".

Quest'anno in finale c'è la Roma, riusciranno i giallorossi a battere il Siviglia?

"Mi auguro di sì, anche se spero di no dato che l'ultimo club che ha vinto la Coppa UEFA è stato il Parma (ride ndr.). Però a parte tutto fa sempre piacere quando una squadra italiana vince un trofeo".


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