Gomez o Ilicic: chi è più importante nell'Atalanta di Gasperini?
Se, ormai stabilmente, l'Atalanta ha raggiunto lo status di 'grande' del nostro campionato, lo deve soprattutto alle idee di Giampiero Gasperini, che siede sulla panchina bergamasca dal 2016. Molti ricorderanno che, dopo le prime giornate della stagione 2016/2017, la società mise in discussione il suo operato a causa dell'avvio di campionato preoccupante. La vittoria per 1-0 in casa sul Napoli di Sarri, ottenuta dopo aver lanciato dal 1' numerosi giovani (Petagna, che fu l'uomo partita, Gagliardini, Kessie, Spinazzola, Cristante, Conti, Caldara) segnò la svolta di quella stagione, conclusa sorprendentemente al quarto posto in classifica, e di quelle successive.
La prima Atalanta plasmata da Giampiero Gasperini, che godeva di una rosa con un'età media molto bassa rispetto agli standard della Serie A, era guidata in campo da Alejandro Gomez, talento cristallino tornato in Italia nel 2014 dopo l'esperienza in Ucraina. Da quella stagione, culminata con la storica qualificazione ai gironi di Europa League, è cambiata totalmente la mentalità, la progettualità di una squadra sempre stata abituata a lottare per mantenere la categoria e non ad ambire costantemente a un piazzamento europeo.
L'estate del 2017 regala all'ex allenatore di Genoa e Inter rinforzi sul mercato, al fine di gestire una rosa più ampia per sostenere il doppio impegno campionato-coppa: su tutti, il talento sloveno Josip Ilicic. Con le maglie di Palermo e Fiorentina aveva mostrato, a tratti, enormi qualità tecniche: era ciò che cercava Gasperini per formare una batteria di trequartisti (insieme al Papu) di livello internazionale.
Sia Gomez che Ilicic, alla soglia dei 30 anni, sembravano, come si dice in questi casi, essersi adagiati sugli allori: due giocatori di grande qualità che però non davano la sensazione di poter fare quel qualcosa in più che si richiede ai 'numeri 10', quali loro sono per caratteristiche. Forse, il palcoscenico europeo, che mai avevano calcato in carriera, avrebbe potuto spingere i due gioielli dell'Atalanta a compiere il definitivo salto di qualità. E così fu: dopo un girone di Europa League dominato contro squadre, come Lione ed Everton, di un blasone non paragonabile a quello dei bergamaschi, la Dea sfiorò l'impresa di eliminare ai sedicesimi il Borussia Dortmund, finalista in Champions solo qualche anno prima. La stagione 2017/2018 ridimensionò le ambizioni non solo dei due leader tecnici della rosa, ma anche dell'allenatore e dell'intera società.
Per intenderci, oggi non ci meravigliamo più del fatto che l'Atalanta abbia raggiunto per il secondo anno consecutivo gli ottavi di Champions League: questo testimonia la grandezza e la bontà del progetto tecnico di Gasperini, appoggiato in tutto e per tutto dal suo presidente Percassi.
Ultimamente, però, a Bergamo si respira un'aria diversa: i due leader, quelli che hanno permesso alla squadra di ottenere negli anni risultati memorabili, non sembrano più così imprescindibili nell'undici di partenza dell'allenatore. Il fatto che i due, per diversi motivi, non giochino più insieme con la stessa frequenza dei mesi scorsi, ci permette di effettuare un'analisi dettagliata su chi sia più determinante nelle idee tattiche dell'allenatore.
Stiamo parlando di due calciatori dalle caratteristiche uniche nella rosa nerazzurra: se uno dei due, o talvolta entrambi, non sono a disposizione, è necessario apportare modifiche tattiche all'assetto della squadra. Tra la fine dello scorso campionato e l'inizio di questo, visti i noti problemi di salute che hanno colpito Ilicic, Gasperini ha sopperito alla sua assenza sistemando la fase offensiva con una punta centrale di ruolo (Zapata) con alle spalle il più delle volte il Papu e uno tra Pasalic e Malinovskyi. L'ucraino è l'alternativa che più si avvicina al genio dello sloveno, dotato di un gran tiro dalla distanza e di capacità di saltare l'uomo. Pasalic, invece, ha grandi qualità di inserimento senza palla, è un generoso: con lui la manovra perde in qualità tecnica ma guadagna in dinamismo, ferocia e attacco della profondità. Soprattutto nelle prime uscite di questa stagione, Gasperini ha virato sull'attacco pesante, formato da Muriel e Zapata con Gomez alle loro spalle. I risultati sono stati più che buoni e la mole di occasioni create e gol realizzati è stata esorbitante: è chiaro, tuttavia, che, con il protrarsi della stagione, visti gli impegni ravvicinati, non avere un'alternativa come lui pesa. L'ultima partita di campionato ne è la dimostrazione: a inizio secondo tempo, con la sua squadra sotto 0-1 con la Roma, l'innesto del 72 cambia la partita. Due assist e un gol, e l'Atalanta segna 4 reti in 45'. Questo è Josip Ilicic.
Gomez, d'altra parte, si rispecchia nel suo compagno di reparto per caratteristiche tecniche. Ciò che spicca nell'argentino, è la continuità di prestazioni che garantisce e la leadership che gli permette di prendere per mano i compagni nei momenti di difficoltà. La squadra, quando lui è in campo, dimostra una consapevolezza, una fiducia, una determinazione diversa. E' una qualità che Gasperini ha sempre rimarcato, parlando del suo numero 10. Anche nel suo caso, la squadra ha comunque dimostrato di saper fare a meno del Papu in alcuni momenti: le sue qualità in termini di leadership possono essere ereditate da giocatori come Hateboer, Toloi e Gollini, ormai da tanti anni tasselli determinanti di questa meravigliosa realtà.
Se chiedessimo all'allenatore chi tra i due è più importante, credo che anche lui si troverebbe in difficoltà a rispondere. E' confortante il fatto che il suo reparto offensivo è talmente fornito, sia numericamente che qualitativamente, che chiunque prenda il loro posto sfoggia spesso e volentieri prestazioni di livello elevatissimo. Questo è il segreto della macchina creata da Giampiero Gasperini.
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