Guardiola e le differenze tra il Triplete con il Barça e il Tréble con il Man City
Il Manchester City è Campione d'Europa, Campione d'Inghilterra e Campione della FA Cup 2023. Tréble, per essere più sintetici. Il massimo del riconoscimento, la parola che racchiude in sè il dominio calcistico di una stagione sportiva. 24 anni dopo il Manchester United, unica in patria a poter vantarsi, finora, di questo triplo titolo.
Un Tréble nel segno di Pep Guardiola, capace di aggiungere il Manchester City a Bayern Monaco, Barcellona e Inter, le uniche compagini in grado di ottenerlo nel XXI secolo. Una vittoria che segna un'epoca per i citizens, che vendica la sconfitta con il Chelsea di due anni fa, che vendica anche il mancato accesso in Finale della stagione scorsa. Una vittoria che restituisce all'allenatore catalano il più importante dei trofei per club, che azzera il counter dall'ultimo trionfo europeo, e che lo rende l'unico allenatore della storia ad aver vinto due Tréble.
Analogie e differenze con il Triplete del 2009 non mancano. 7 le sconfitte nelle stagioni di catalani e citizens; troppi i campioni affermati in entrambe le rose. Il gol vittoria di uno spagnolo, come non era invece successo allo Stadio Olimpico di Roma 14 anni fa. L'Italia nel destino di Pep, in quel caso come nazione ospitante (e arbitrante) l'evento che ha cambiato la sua carriera; ieri come compagine avversaria contro cui riprendersi quel trofeo che gli mancava da 12 anni.
Di strada ne ha percorsa il catalano. Ha creato il suo Manchester investendo cifre importanti per calciatori che ha portato a un livello difficilmente pronosticabile. Il City, tranne che con Haaland, ha raramente comprato i Top 3 o 5 in un determinato reparto. Se oggi parliamo di De Bruyne, Stones, Ruben Dias, Rodri o Bernardo Silva come migliori interpreti al mondo, una generosa fetta di merito va riconosciuta al catalano.
E nella Finale di Istanbul ce ne siamo accorti. L'Inter è uscita a testa altissima dopo un percorso che ha fatto impazzire i propri tifosi. È uscita dall'Ataturk Stadium con una sensazione composta di tragedia, orgoglio e incredulità. Per quel colpo di testa parato da Lukaku, per quella traversa di Dimarco e ancora per il salvataggio di Ederson e il mancato autogol (per centimetri di Ruben Dias). È stata una Finale che ha avuto poco a che vedere con quella di Roma contro il Manchester United, chiarita da Eto'o dopo 10 minuti e congelata da Messi a 20 dalla fine. Una Finale in cui, dopo aver dominato squadre anche superiori all'Inter, il City, subito orfano di De Bruyne, ha dovuto riscoprire sè stesso, soffrire ed avere paura prima di veder inciso il suo nome sulla Coppa, di diventare parte della storia del calcio.
La chiave del successo? Avere Lionel Messi nel 2009 e Erling Haaland nel 2023. Senza cadere in inutili paragoni tecnici, Guardiola afferma che allenare determinati calciatori è gran parte del motivo del successo. Si può discutere sulla sua prestazione opaca nella Finale del City, ma a giocar "male", o meglio, a non comportarsi da solito Manchester è stata tutta la squadra. Alla fine però si contano i trofei, si ricordano gli eroi (Rodri in questo caso) e si visualizzano le azioni più impattanti (troppe a comporre gli incubi nerazzurri dei prossimi giorni).
C'è l'esperienza dei calciatori del Manchester City, a livello europeo e nazionale, che superava anche quella del Barcellona del 2009, sceso in campo con un undici di media età 27.2. Gli inglesi, ieri, avevano una media età nella formazione titolare di 28.5, abbassata dal cambio forzato nel primo tempo tra De Bruyne e Foden.
C'è la differenza che in quel caso il ciclo non era assolutamente alla sua chiusura (due anni dopo il tecnico catalano regalerà di nuovo la Champions al Barcellona), mentre quello dei citizens, nonostante gli acquisti di interpreti giovani e forti nelle ultime campagne estive, potrebbe esserlo. Guardiola siede sulla panchina dell'Etihad da 7 anni e molti dei suoi calciatori migliori sono a ridosso dei 30 anni o li hanno superati.
Un'altra differenza riguarda il tempo impiegato. Con quel Barcellona non ha avuto quasi bisogno di tempo. È arrivato e ha vinto praticamente subito il trofeo più importante per club, lasciando ai posteri un'eredità notevole. Questo Manchester City è invece stato costruito negli anni per essere il più forte; ha attraversato fasi critiche, ha subito l'etichetta (istantaneamente bollata su chi spende troppo) di dover vincere necessariamente la Champions League. Dopo anni di Finali perse e sfiorate, quel riconoscimento è finalmente arrivato, perché a volte basta attendere, lasciare che gli eventi si verifichino e che la strada si spiani.
"Quanti club distruggono i propri progetti per inseguire questa vittoria?"
- Guardiola a Sky
La moneta, di cui ha parlato Guardiola nel postpartita, è atterrata dalla parte giusta. Il catalano si è preso il Tréble per la seconda volta nella sua carriera, ora largo a chi lo criticherà per una finale vinta, ma non dominata.