I 5 motivi del tracollo della Fiorentina nel momento decisivo
Una settimana detiene il potere di spostare le sorti di una stagione, di elevare o ridurre in cenere sogni e ambizioni, di plasmare in modo plastico ciò che - in precedenza - era soltanto immaginato, proiettato come desiderio.
La Fiorentina lo ha sperimentato a proprie spese, in modo duro, lo ha fatto con tre sconfitte consecutive che - nel momento chiave della stagione - rischiano di dare un pesante colpo al morale e alle ambizioni europee del gruppo di Vincenzo Italiano.
Proviamo ad addentrarci dunque nelle ragioni, per quanto possibile, dell'attuale tracollo - per certi versi inatteso - della squadra viola.
1. La trappola delle pressioni
Esiste un risvolto paradossale nella settimana da incubo della Fiorentina, un risvolto che vede le motivazioni come fulcro: motivazioni come spinta che muove e che sposta gli equilibri tecnici ma anche come insidia, come minaccia che scatena pressioni che pesano come macigni.
Contro la Salernitana i viola si sono trovati investiti da una squadra col coltello tra i denti, capace di aggredire furiosamente il match e di sopraffare da subito la Fiorentina, con l'Udinese dal canto loro Italiano e i suoi hanno affrontato una squadra in pace, serena e capace dunque di regalare giocate tipiche di chi ha la mente libera, senza niente da perdere. Motivazioni come risorsa o come insidia, per paura di fallire: è il cul-de-sac in cui i viola sono finiti.
2. La logica del turn-over
Anche in questo caso la faccenda ha tratti apparentemente paradossali, con una virtù che può tramutarsi in breve tempo in qualcosa di meno attraente e, anzi, pericoloso. Per lunghi tratti della stagione il punto di forza dei viola, uno degli aspetti portanti del rendimento della squadra, riguardava la capacità di variare soluzioni senza per questo perdere qualità.
Al momento, però, la logica del turn-over che investe tutti sembra avere un effetto deleterio: l'intesa tra gli interpreti è da reinventare, i giocatori si trovano a vivere situazioni sperimentate sì in allenamento ma che - in partita - si rivelano ogni volta nuove, per certi versi ripartendo da zero. Diventa evidente però, come detto dallo stesso Italiano, che a questo punto della stagione (e con tanti impegni ravvicinati) il discorso sia un'esigenza più che una scelta fatta a tavolino.
3. Le assenze
Parliamo di assenze legate perlopiù al centrocampo, reparto che del resto stava dando risposte confortanti fin da inizio stagione che - col tempo - aveva sancito il rilancio di elementi come Duncan e Castrovilli, finiti (in momenti diversi) ad apparire marginali e poi, grazie a Italiano, tornati importanti.
La trasferta di Salerno in particolare, senza Torreira, Bonaventura e Castrovilli, ha costretto Italiano a reinventare per intero il centrocampo e a dare la regia in mano ad Amrabat, elemento certo non affine a Torreira per caratteristiche (perlomeno in quelle vesti). Perdere tutti i titolari a Salerno ha pesato, così come sta pesando l'assenza di Castrovilli proprio nel momento in cui il classe '97 si era definitivamente rilanciato.
4. Le condizioni fisiche
Contro l'Udinese, osservando le scelte di Italiano e la formazione iniziale, non si possono più ravvisare particolari problemi legati alle assenze di elementi chiave: Odriozola, Bonaventura e Torreira sono infatti rientrati regolarmente in campo dal primo minuto.
Eppure, rispetto ad altri frangenti della stagione, anche gli elementi in genere più brillanti sono apparsi in debito e meno freschi rispetto ai bianconeri, capaci spesso di far valere la loro forza fisica e di anticipare i giocatori viola anche in zone particolarmente pericolose del campo. L'impressione è che la Fiorentina sia arrivata al rush finale particolarmente spremuta e provata, anche per la scarsa abitudine ad affrontare impegni ravvicinati (Coppa Italia, campionato e recupero della ventesima giornata).
5. Produrre tanto, ottenere poco
Un difetto che la Fiorentina porta con sé da tutta la stagione e che contro l'Udinese ha raggiunto probabilmente il suo apice: possesso palla al 72%, 18 conclusioni a rete e ben 14 calci d'angolo, il tutto senza però tradurre in gol la mole di gioco prodotta.
Fraseggio prolungato, sovrapposizioni, ripartenze da dietro, tanta smania di arrivare al dunque ma - al contempo - poca cattiveria sotto porta e scelte talvolta sbagliate, con soluzioni eccessivamente altruistiche. Il tutto, ovviamente, con la complicità di Silvestri e con quella dose di sfortuna a cui appellarsi. Diventa lampante però come uno 0-4, con statistiche simili, renda necessario sottolineare lo scarso cinismo nei momenti chiave.
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