I debiti della Juventus e il rinvio a giudizio: le parole di Arrivabene

Maurizio Arrivabene
Maurizio Arrivabene / Marco Canoniero/GettyImages
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Maurizio Arrivabene si toglie qualche sassolino dalla scarpa in merito alla sua esperienza come dirigente della Juventus. L'ex CEO del club bianconero ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni de Il Corriere della Sera in cui ha criticato le strategie adottate sul mercato prima della sua nomina - in primis l'acquisto di Ronaldo - che, complice anche il Covid, hanno portato la società a indebitarsi. Di seguito le sue dichiarazioni.

Sulla precedente gestione della Juve: "Premetto che nel periodo in questione io ero nel cda in qualità di consigliere senza alcune delega e in un momento in cui a causa del Covid ci si riuniva in videoconferenza. In quel momento la strategia della società mirava ad una forte espansione iniziata in precedenza con l’acquisto di Ronaldo e l’obiettivo era vincere la Champions ed entrare in modo solido e duraturo tra le grandi d’Europa: di conseguenza sono stati fatti altri acquisti, poi il Covid ha complicato le cose. Ho iniziato il mio lavoro da dirigente il primo luglio 2021 trovando una situazione piuttosto pesante a causa degli investimenti precedenti. Ovviamente la pandemia aveva aumentato i problemi, i costi di contratti molto onerosi avevano creato una situazione piuttosto difficile. Cosa dovevo fare, andare in tv e dire abbiamo sbagliato a spendere troppo? Vi immaginate la reazione di tifosi e media? In silenzio mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a lavorare, quell’anno grazie ad alcune vendite e all’acquisto di soli due giocatori, Locatelli e Kean, facemmo un mercato morigerato subendo anche critiche".

Il rinvio a giudizio da parte della Procura di Roma: "Le cose vanno avanti. Continuo a credere nella giustizia".

Sulla giustizia sportiva: "Vedremo cosa dirà la Corte Europea".

Si sente ancora con Andrea Agnelli? "Si, ci sentiamo".

Più difficile fare il dirigente alla Juve o alla Ferrari? "Mi fornite l’occasione per chiarire la mia esperienza alla Ferrari. Nessuno mi ha cacciato, altrimenti dopo non sarei andato alla Juve. Avevo un contratto di quattro anni e non è stato rinnovato, non abbiamo trovato un accordo. Non ero solo team principal ma anche managing director, deleghe date da Marchionne, la Ferrari era stata da poco quotata e la Scuderia doveva essere il fiore all’occhiello".

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