I gesti e le illusioni: come leggere l'esultanza di Nico Gonzalez? Vlahovic insegna

Nico Gonzalez
Nico Gonzalez / ATPImages/GettyImages
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Trovare motivi di entusiasmo e individuare ragioni trascinanti, con la cornice di una classifica a dir poco malinconica, rende centrale il ruolo dei dettagli, delle "piccole cose". Anche i gesti e la possibilità di leggere in essi dei significati, anche di mercato, creano uno spunto non da poco, soprattutto a poche ore dalla fine della sessione invernale (di una sessione invernale tutt'altro che rivoluzionaria).

In casa Fiorentina si è temuto a lungo che Nico Gonzalez potesse partire già a gennaio, in particolare l'interessamento del Leicester ha causato un contraccolpo non da poco e ha reso tutt'altro che scontato il futuro dell'argentino (con annessi timori della piazza).

Un gesto che dice tanto?

Adesso, sia per un discorso di tempistiche che di prese di posizione da parte del club viola, tutto è rientrato e il presente di Nico Gonzalez resta ancorato a quello della Fiorentina, con l'auspicio che i problemi fisici siano superati e che quanto accaduto all'Olimpico, contro la Lazio, diventi la routine e non l'eccezione.

Proprio ripercorrendo quanto accaduto nell'1-1 contro i biancocelesti è naturale porre l'attenzione sull'esultanza dell'argentino, dopo il suo sinistro secco imprendibile per Provedel: una corsa verso lo spicchio occupato dai tifosi viola, il dito che indica il giglio e poi indica a terra, come a voler ribadire con forza la propria scelta di rimanere (non, dunque, una permanenza stabilita solo dalla proprietà).

Il precedente Vlahovic

Esistono però dei distinguo e dei piani di lettura diversi, pensando proprio a quello stesso gesto: anche Dusan Vlahovic infatti, a fine novembre del 2021 e dunque poco prima di approdare alla Juventus, indicò il terreno del Franchi dopo aver indicato sé stesso (a più riprese) in occasione di un gol decisivo contro il Milan.

In quel caso, già sul momento ma ancor più alla luce dei fatti, era evidente come il gesto non fosse in alcun modo sintomo di una promessa ma, semplicemente, un modo per rivendicare il proprio ruolo cruciale per quella squadra e per ribadire che lì, appunto, comandava lui.

Dusan Vlahovic
Vlahovic in viola / Gabriele Maltinti/GettyImages

Il gesto di Nico si colloca probabilmente a metà tra i due estremi: non è una promessa in senso assoluto dunque, non è possibile farne il motivo di un'illusione, ma è senz'altro un modo per ribadire come - se in forma fisicamente - riesca costantemente a essere decisivo (con una media vicina a un gol a partita, 6 gol in 579 minuti). Occhio dunque ai facili inviti e all'idea di un timbro sul futuro in maglia viola, prospettiva tutta da costruire; occhio a voler leggere in un'esultanza (in uno sfogo) qualcosa di più grande e definitivo.