I primi spunti tattici offerti dalla Juventus di Thiago Motta
- I due laterali bassi si accentrano in fase di possesso e sostengono Thuram
- I due esterni offensivi danno ampiezza al gioco
- Vlahovic e l'effetto Zirkzee: serve un salto di qualità
La scorsa stagione, seguendo in realtà un copione già vissuto in passato, ha visto aleggiare sull'ambiente bianconero un malcontento - neanche troppo implicito - per quanto espresso sul campo dalla Juventus di Max Allegri, anche al di là del ritorno in Champions League e del successo in Coppa Italia. Nessun richiamo spinto verso il giochismo, restando perentorio il primato della vittoria come unica cosa che conta, ma un vivace desiderio di rinnovamento e di distacco da un gioco - quello proposto da Allegri - spesso visto come troppo speculativo, animato da un pragmatismo dall'indole "catenacciara" (perlomeno nel suo racconto mediatico).
La Juve di Thiago Motta: i primi indizi
Ecco dunque che Thiago Motta, al termine della stagione, è apparso come interprete più naturale e logico per raccogliere una simile spinta: non una svolta in nome del possesso come religione a cui votarsi ma un tecnico capace di dar vita a un Bologna equilibrato, intelligente, in costante evoluzione all'interno di una stessa partita. Di fatto il tecnico che ha dato vita a un vero miracolo sportivo, sfruttando al meglio gli interpreti a disposizione e conducendoli fino alla Champions League. La curiosità verso l'impatto di Motta sul contesto bianconero era ed è palpabile, resta ovviamente da sottolineare come la Continassa sia ancora una sorta di cantiere: manca un centrale difensivo, manca almeno un esterno offensivo (più verosimilmente due) e resiste imperterrita l'ossessione Koopmeiners, vero tormentone della sessione estiva di mercato.
Le rotazioni difensive
Le prime tre amichevoli disputate dalla Juve di Thiago Motta, con particolare riferimento a quella contro la Next Gen, consentono però di notare alcune prime indicazioni, sprazzi di quella che sarà la Juventus 2024/25 dal punto di vista tattico, perlomeno come impronta iniziale. Si può partire dal coinvolgimento frequente di un Di Gregorio chiamato, come a Monza, a toccare spesso palla e orientato - quando possibile - a giocarla corta, ciò che merita però spazio particolare è l'atteggiamento della difesa in fase di possesso, le rotazioni difensive che coinvolgono sia i centrali che - ancor di più - i due laterali. Si sottolinea nello specifico come i due esterni bassi, Danilo e Cambiaso contro la Next Gen, si trovino spesso ad accentrare il raggio d'azione e a partecipare al gioco in zone centrali del campo, dando di fatto un sostegno importante a Thuram (vertice basso della mediana) in fase di costruzione. Si tratta di un fattore già visto nelle due precedenti amichevoli e, verosimilmente, di un marchio di fabbrica che seguirà la Juve anche nei prossimi mesi.
Le ali danno l'ampiezza
A livello di rotazioni difensive si sottolinea anche la variazione che prevede un centrale pronto ad alzarsi e uno dei due laterali ad abbassarsi per agire da braccetto di difesa. I due laterali di difesa si trovano dunque costantemente a giostrare per vie centrali, l'ampiezza viene data dai due esterni offensivi: sia Yildiz che Weah (uno da esterno inverito e l'altro sul piede forte) giocano molto larghi e vengono cercati con cambi di gioco costanti (visti soprattutto nelle prime due amichevoli). Spesso la Juve di Motta lavora per creare densità da un lato del campo per poi virare sull'esterno opposto, più libero: in questo senso può essere anche stimolante immaginare l'inserimento di Nico Gonzalez - accostato alla Juve con insistenza - come "equivalente" di Yildiz dalla parte opposta, sempre a piede invertito. Il turco e l'argentino, considerando quanto si può intuire fin qui, potrebbero risultare interpreti ideali del gioco offensivo che Thiago Motta sta costruendo.
4-2-3-1 o 4-1-4-1?
Riferendoci al modulo, spesso raccontato come un 4-2-3-1, si può notare come sia più orientato al 4-1-4-1: Thuram vertice basso, Locatelli e Douglas Luiz (contro la Next Gen) pronti ad alzarsi alternativamente e a muoversi negli spazi, sulla trequarti. Non si tratta dunque di individuare un trequartista statico ma le due mezzali come costanti armi utili in fase offensiva, capaci di inserirsi e di far partire la pressione sul possesso avversario (ripercorrendo un po' quanto fatto da Ferguson al Bologna). Un compito che sulla carta può apparire anche in linea con le caratteristiche di Miretti, elemento in grado di dare il meglio in tale veste, per intelligenza tattica e capacità di muoversi tra le linee.
Thuram e Vlahovic: possibili criticità
Per quanto riguarda il tipo di mediano rappresentato da Thuram è difficile intenderlo come regista in senso stretto, si tratta di un elemento atleticamente valido e in grado di risalire rapidamente il campo ma non di un metronomo: in questo senso è prezioso l'aiuto dei due laterali bassi pronti ad accentrarsi, dandogli un appoggio. Un capitolo a parte lo merita Dusan Vlahovic, ripercorrendo un po' quanto visto con Zirkzee nel Bologna di Motta: l'attacco della profondità permette al serbo di brillare rispetto all'olandese ma - e capita spesso - quando Vlahovic deve arretrare si trova più in difficoltà dell'ex Bologna, dovendo mostrare una crescita necessaria a livello di scelte e di precisione nei passaggi. Si tratta chiaramente di una versione embrionale di ciò che la Juve racconterà da qui ai prossimi mesi, anche grazie agli innesti di mercato, ma è già possibile individuare un primo copione di riferimento, indizi in grado di sancire la discontinuità rispetto al recente passato.