Il caso Chiesa, il rinnovo di Vlahovic e il rapporto con Allegri: Giuntoli a 360°
Una lunga intervista quella concessa da Cristiano Giuntoli ai microfoni de Il Corriere della Sera. Tra le numerose domande che gli sono state poste, il football director della Juventus ha fatto il punto sull'ultimo mercato e in particolare sulla strategia che ha adottato per rivoluzionare la rosa con diversi acquisti senza però complicare ulteriormente i conti della società. Giuntoli è tornato anche sul proprio passato, parlando di quello che è stato il colpo più complicato della sua lunga carriera, ma si è già proiettato verso il futuro soffermandosi sugli obiettivi della Juve.
Bilancio in rosso e mercato faraonico, qual è il trucco?
“Non c’è. Bisogna solo fare i conti, e tener presente la prospettiva di cinque anni. Prima potevi avere un giocatore, faccio un esempio, che guadagnava tredici milioni di euro lordi, ora ne hai uno che hai pagato 10 milioni ma che di stipendio pesa meno di un quinto: alla fine, tra ingaggio e ammortamento, risparmi oltre 30 milioni di euro. E così via, per tante operazioni fatte quest’anno”.
Sul metodo Giuntoli:
“Non c’è nessun metodo Giuntoli: dovevamo abbassare il monte ingaggi e l’età media della rosa. E l’abbiamo fatto. Direzione? Costruire mattone dopo mattone il nostro percorso, siamo fra le squadre più giovani del campionato e abbiamo un progetto importante. Sono molto ottimista e anche contento di come è cominciata questa stagione”.
Vincere non è l'unica cosa che conta?
“Certo, la Juve è una società che deve vincere. Non è la sola cosa, ma quella più importante. Noi dobbiamo mantenere l’equilibrio finanziario e una competitività elevata per riportare il club dove merita. C’è il risultato, ma anche il modo con il quale ci si arriva. Bisogna partire dalle prestazioni, sta qui la differenza”.
Alla Juve più pressione che altrove?
“Qui ce n’è di più. Ma più che di pressione parlerei di senso di responsabilità. Questo è quello che ho avvertito appena arrivato. La consapevolezza di essere in un club che ha fatto la storia, e di avere sulle spalle il peso di una mission importante. Non amo far trasparire le mie emozioni, anche la pressione è qualcosa che sento dentro, fuori prevale la lucidità, la serenità del manager che deve sempre prendere decisioni di testa e mai di pancia. questo il pregio che mi riconosco: la serenità in qualsiasi situazione”.
Come sceglie i giocatori da prendere?
“I numeri rappresentano lo storico di un giocatore, ma ho bisogno di sentire l’emozione, di vederlo e capire cosa mi trasmette. Ed è una valutazione imprescindibile alla quale associ tutti i dati che vuoi, ma senza il sentiment non ho il quadro completo della situazione. Ma c’è sempre un margine di rischio quando prendi un calciatore. Scommesse perse? Certo, ci stanno”.
Qual è stato l'acquisto più complicato?
“Forse Osimhen. Ci ho messo quattro mesi per portarlo a Napoli. Andava forse venduto prima, ma De Laurentiis è un imprenditore intelligente e astuto. Gli devo tanto, gli voglio bene”.
È stato difficile convincere Thiago Motta?
“È evidente che con il Bologna aveva fatto così bene che non eravamo gli unici ad avere gli occhi su di lui, ne eravamo consapevoli e abbiamo giocato le nostre carte, sposando evidentemente in toto il suo progetto di calcio”.
C'era un piano B per la panchina?
“Non dico il nome, ma è un allenatore straniero che esercitava ed esercita ancora in Europa”.
Su Calafiori:
“È un rimpianto per tutto il calcio italiano, non della Juventus. Bisogna interrogarsi sul fatto di non aver avuto la forza di tenere in Italia un giocatore della sua portata. Le grandi squadre hanno preso tutte un difensore, non lui”.
Sulla sostituzione di Vlahovic:
“Nel calcio di Thiago succede, nulla di particolare”.
Sul rinnovo del serbo:
“No, un calciatore come lui con prospettive ancora importanti non può mai essere un problema, il rinnovo è un obiettivo, lo faremo. Un giocatore che vale tanto e guadagna tanto per noi rappresenta un patrimonio”.
Sullo Scudetto:
“Presto per dirlo, ma Inter e Napoli sono le favorite. Lo dice la storia, vince sempre la squadra più esperta. L’Inter lo è, il Napoli per il cambio strategia che ha fatto lo è diventata”.
Sulla Juve:
“Abbiamo cambiato tanto, e quando lo fai rischi sempre. Abbiamo modificato completamente il modo di pensare calcio, partiti da zero. Non sappiamo ancora quello che possiamo fare, siamo alla scoperta di noi stessi. Adesso c’è anche la curiosità di capire, vedere cosa facciamo”.
La gestione del caso Chiesa:
“Con la chiarezza e la semplicità, con il giocatore e il suo entourage siamo stati sempre molto onesti, tutti insieme abbiamo cercato la soluzione più giusta per il giocatore, che è molto forte e gli auguriamo tutto il bene possibile”.
Su McKennie e Koopmeiners:
“McKennie aveva un problema di rinnovo, ma non è mai stato fuori dal progetto. Quella per Koopmeiners è stata una trattativa difficile. È speciale nelle giocate, nella tecnica. Un calciatore a testa alta, sa sempre dov’è la palla, sa a chi darla. È uno tosto”.
Su Thiago Motta:
“Ha avuto un grande impatto all’interno della Juve. Modi gentili, carini, con tutti. Lui è un predestinato, molto empatico con la squadra. Ha grandissima personalità. Dà tutto, vive per questo lavoro”.
Sul rapporto con Allegri:
“Mi spiace, di questo non parlo”.
Preferisce i risultati o il bel gioco?
“Dico equilibrio e comando del gioco, quello che mi piace di questa Juve. La squadra forte deve saper fare tutto”.