Il centravanti che non segna è un falso problema? Tra casi mediatici e nostalgia
Quello del centravanti che non segna è realmente un problema o è un mero specchietto per le allodole, buono per creare casi mediatici? Esistono diversi approcci al tema e conducono tutti a un responso differente, il primo ci porta naturalmente a riferirci ai numeri - poiché di questi si parla - e ci conduce a notare come la Fiorentina (pur senza i gol delle prime punte a disposizione) abbia segnato gli stessi gol di Juventus e Napoli fin qui in campionato, facendo peggio soltanto di Inter, Milan e Roma.
Non si può parlare, insomma, di una squadra in crisi offensiva, di una formazione che fatichi in assoluto a segnare. Anzi, dato che sicuramente può far sorridere Vincenzo Italiano, i viola riescono a mandare in gol diversi interpreti (anche sorprendenti) e a regalare soluzioni diverse in fase offensiva. Fin qui sono andati in gol ben 7 giocatori diversi in campionato, si parla nello specifico di Nico Gonzalez (3 gol, tutti di testa) , Bonaventura (3 gol), Martinez Quarta (2 gol), Biraghi, Duncan, Mandragora e Kouamé (tutti con un gol messo a segno).
Il gol viola ha tanti volti
La possibilità di variare soluzioni offensive, affidandosi a esterni che si accentrano come Nico, a trequartisti e mezzali che si inseriscono, a centrali che sorprendono (non solo sui calci piazzati) permette alla Fiorentina di risultare imprevedibile e di portare minacce diverse all'avversario, senza dipendere mai da un singolo. Si tratta per certi versi del desiderio neanche troppo nascosto di ogni tecnico, quello di svincolarsi da un singolo elemento come marcatore designato, ma al contempo esistono questioni che rendono il digiuno delle prime punte un tema almeno degno di discussione.
Innanzitutto è noto come, agli occhi del tifoso, spesso la figura del centravanti prolifico regali un senso di sicurezza e di garanzia: avere una prima punta da doppia cifra, insomma, fa sentire tutti più sereni anche a prescindere dai marcatori a sorpresa, dai quei gol che a priori non ci saremmo aspettati. Al contempo si tende a valutare un investimento fatto in attacco misurandolo proprio coi gol: aver speso 13 milioni per Nzola e averne spesi 25 per Beltran conduce, in automatico, a cercare un conforto nei loro numeri sotto porta, nella loro concretezza, quasi a voler legittimare la spesa sostenuta.
Giustificazioni logiche e nostalgia
Una prospettiva, quest'ultima, spesso automatica (come detto) ma altrettanto ingenerosa, che non tiene conto delle caratteristiche dei giocatori in questione, del processo di ambientamento e del tipo di lavoro che Italiano chiede. Per certi versi diventa anche comprensibile come sia Nzola che Beltran fatichino a trovare la via del gol, soprattutto il caso dell'argentino appare lampante: al netto di uno spazio fin qui ridotto (spesso l'ex River entra nel corso della ripresa) si può notare come Beltran si trovi spesso a giostrare sulla trequarti, a scambiare coi compagni in zone lontane dalla porta, a favorire l'inserimento degli esterni offensivi anziché a cercare in prima persona la profondità.
Pur senza segnare, insomma, Beltran ha già dato segnali confortanti sul fronte della qualità e della grinta, andando spesso a contrasto col centrale in possesso e pressandolo minacciosamente. Per quanto riguarda Nzola occorre sottolineare come l'ex Spezia, come del resto ci saremmo aspettati, stia facendo un gran lavoro a livello di sponde e di controllo spalle alla porta, un contributo per certi versi superiore a quello fornito da Cabral e ancor di più da Jovic. Un lavoro sporco che finisce spesso per togliere freddezza e lucidità, aspetti che - come suggerisce Italiano - si legheranno gradualmente alla fiducia e a anche a una certa dose di fortuna che, fin qui, non ha sorriso all'angolano.
Sullo sfondo possiamo notare come, per certi versi, torni attuale e logica una certa dose di nostalgia per quel che in passato è stato: una figura come quella di Dusan Vlahovic, e non è una prospettiva comune, dimostrava quanto le varie caratteristiche elencate (gioco spalle alla porta, qualità negli scambi) potessero coesistere e potessero aggiungersi a un'invidiabile concretezza, alla cattiveria sotto porta che sta attualmente mancando alle punte gigliate. Considerazioni che, al di là dell'effetto nostalgico, possono anche rendere palese quanto la spesa sostenuta dalla Juventus per avere il serbo - a suo tempo - sia stata tutt'altro che inspiegabile o infondata.