Il Forest Green avrà un'allenatrice: la scelta di un club concretamente progressista
Quando si tira in ballo l'identità, riferendoci ad un club calcistico, si pesca generalmente in un retaggio più o meno storico che ci racconta intrecci tra una realtà sportiva e il tessuto sociale che la esprime, che ci propone storie (o leggende) che, in modo più o meno pretestuoso o imbellettato, amiamo associare a una società.
Sappiamo dunque quanto il DNA possa appartenere alle singole realtà calcistiche, nel corso dei decenni, e quanto certe scelte e altrettanti personaggi siano più o meno coerenti con quel retaggio specifico, nel contesto italiano così come all'estero.
Una scelta coerente
Sono rari, d'altro canto, i casi che ci permettono di percepire l'identità come qualcosa di vivo e pulsante, senza bisogno di ricamarci su o di rispolverare antiche leggende: l'esempio del Forest Green Rovers ci consegna, non da oggi, un profilo ben delineato di società che guarda avanti con indole progressista, con tutta la volontà (popolare o meno) di sposare cause in grado di spostare l'asticella, di portare aria fresca in un mondo spesso schiavo di se stesso e della propria routine.
La scelta di puntare su un'allenatrice donna, dopo la retrocessione in League Two maturata nella scorsa sfortunata stagione, rappresenta una frontiera dall'ovvio richiamo dal punto di vista mediatico ma non può essere vista, oggi, come una soluzione in discontinuità con la storia dell'antico club di Nailsworth.
Il richiamo mediatico si spiega da sé: per la prima volta sarà una donna, Hannah Dingley, ad allenare (seppure ad interim) un club maschile che milita in un campionato professionistico inglese, una situazione già in sé da sottolineare, anche a prescindere dalla cornice peculiare fornita dal club ormai da 13 anni (nello specifico dal 2010, con l'arrivo di Dale Vince come proprietario).
Proprio la cornice, però, ci rende ancora una volta lampante quanto la vocazione innovativa del Forest Green non sia il classico specchietto per le allodole a cui abbiamo saputo abituarci, quello della retorica e dei proclami buoni per rinnovare (o persino per ripulire) la propria immagine. In questo caso non si parla soltanto di forma, di rappresentazione di sé, ma di sostanza e di scelte pratiche che hanno condotto il Forest Green a rendersi un unicum nel contesto calcistico non soltanto inglese.
I pionieri dei piccoli passi
Ecco dunque che, a partire dal 2010, il "Green" presente nel nome del club ha assunto un significato strettamente identitario, intrecciandosi in modo coerente e diretto alla biografia di Dale Vince: azionista di maggioranza appunto dal 2010 e fondatore di una realtà come Ecotricity, il proverbiale "visionario" intenzionato - partendo da una piccola realtà di 6 mila abitanti - a rendere più virtuoso e sostenibile il mondo del calcio, anche su larga scala.
Il culto dei piccoli passi, dei cambiamenti dal basso, in grado di rendere quotidiano ciò che prima appariva alieno: un percorso che, nel 2018, ha visto il Forest Green diventare ufficialmente (da riconoscimento delle Nazioni Unite) il primo club calcistico a emissioni zero a livello mondiale. Una sorta di Butterfly Effect in grado, a lungo termine, di creare una realtà diversa.
Intrecci tra locale e globale, dunque, tra cambiamenti del singolo e richiamo mediatico internazionale, una rivoluzione green che percorre numerosi aspetti della vita del club. Elettricità prodotta al 100% da fonti rinnovabili, utilizzo dei pannelli solari e di una pala eolica, un menù 100% vegano per i giocatori, spostando un altro paradigma e rendendosi anche in questo caso innovatori e coraggiosi (non solo a parole).
Il tutto va ad aggiungersi al terreno da gioco curato senza pesticidi, solo concimi naturali. Scelte pratiche che toccano anche aspetti come le divise da gioco, una sensibilità che nel corso degli anni ha poi toccato anche realtà più note del calcio mondiale: anche in tal senso, insomma, il Forest Green ha saputo essere effettivamente pionieristico.
Vince ha spesso ribadito il peso dei piccoli passi, come detto, e di un processo graduale (seguendo la crescita di popolarità del club) e l'arrivo della Dingley segue lo stesso input, la stessa volontà di farsi pionieri attraverso scelte concrete, piantando semi destinati a crescere.
"Hannah è stata la scelta più naturale per il ruolo di allenatrice ad interim, ha fatto un lavoro fantastico con l'Academy ed è allineata perfettamente ai nostri valori. Una nomina fatta per merito, che apre nuovi orizzonti e la rende la prima donna ad allenare nel calcio maschile in Inghilterra" ha detto il presidente del Forest Green. L'allenatrice dal canto proprio si è espressa così: "Sono entusiasta per questo nuovo passo nella mia carriera, è un gran momento per il calcio e sono grata di avere una simile opportunità, in un club così progressista e in grado di guardare avanti".