Il Franchi come culla d'inciviltà? Seminando vento si raccoglie tempesta
Come se non bastasse la ragionevole amarezza dovuta a un gol subito all'ultimo secondo del recupero, in una partita che pareva ormai archiviata con un incoraggiante 3-3 giocato colpo su colpo, l'ambiente viola trova adesso - e non è la prima volta - un'ulteriore sponda poco invidiabile nei ragionamenti sull'inciviltà di uno stadio, sulla tendenza di una città a offrire spaccati poco virtuosi di violenza verbale, moti di rabbia e reazioni scomposte.
Si valuta mediaticamente, insomma, quanto sia civile o meno la città di Firenze. Volendo restare pragmatici potremmo valutare come una città sia composta da strade, da palazzi, da monumenti e abitazioni: difficilmente le si potrebbe dare una patente di civiltà, insomma, senza parlare delle persone che la popolano. E altrettanto pragmaticamente potremmo dire che accomunare decine di migliaia di frequentatori del Franchi (35mila, contro l'Inter) nel nome dell'inciviltà sia un esercizio quantomai spinto, come minimo pretestuoso.
Inutile nascondersi
Archiviata dunque l'idea che una città possa essere civile anzichenò tocca spingersi oltre, tocca entrare nelle pieghe di una realtà difficile da negare, da nascondere sotto al tappeto. Esistono più livelli in grado di definire quanto talvolta accade all'interno dello stadio della Fiorentina, livelli che si connettono senz'altro alla piazza viola in sé ma anche fattori slegati dal capoluogo toscano, ormai parte di ogni realtà sportiva del nostro Paese.
Soffermandosi innanzitutto sull'universo gigliato potremmo tirare in ballo una basilare e logica frustrazione sportiva, pronta a tradursi in maniera grottesca e deprecabile: fin troppo semplicemente, insomma, s'instaura un meccanismo, un circolo vizioso, in cui il mancato raggiungimento del risultato porta allo sfogo, a un perverso gioco di provocazione-reazione col "nemico" di turno (sia questo Spalletti, sia questo un tifoso nerazzurro).
Non si può nascondere cioè un profondo distacco tra le intenzioni e gli obiettivi iniziali, riconosciuti peraltro anche mediaticamente, e quel che racconta attualmente la classifica. Restando nel merito di ciò che attiene il mondo viola potremmo anche sottolineare, non per la prima volta, quanto Firenze sia permeata da un sentimento "antisistema", di insofferenza rispetto a un sistema calcio vissuto (e non certo da ieri) come lontano, come contrario agli interessi della squadra viola.
Si parla qui di addentrarci in esercizi di "paleontologia" di aneddoti calcistici, si tratta di riaffacciarsi su "Scudetti rubati", su campioni "scippati" dalle big, su un fallimento che toccò nel profondo la città e che amplificò quel senso di inimicizia rispetto a tutto ciò che rappresenta l'istituzione calcistica.
Benzina sul fuoco
Esiste poi una questione più strettamente attuale, connessa alla proprietà viola targata Rocco Commisso e a un atteggiamento che - fin dall'arrivo in Italia di quest'ultimo - si è rivelato tutt'altro che tiepido, volto anzi ad acuire certe tensioni. Non sono mancate nel recente passato affermazioni audaci rispetto al calcio italiano o ai singoli club, Juventus e Inter in primis: prese di posizione ovviamente lecite che, d'altro canto, possono essere ulteriormente deformate e tramutate in rabbia da chi si sente - indebitamente - autorizzato a farlo.
Un aspetto, questo, che ci porta anche altrove e ci permette dunque di ampliare il punto di vista rispetto alla sola Firenze: sono fin troppo numerosi gli esempi di addetti ai lavori, allenatori e dirigenti che, di punto in bianco, lanciano per aria parole pesanti come macigni, che gettano benzina sul fuoco e non fanno che rendere più aspro e amaro quel che circonda il pallone (basti pensare alle recenti esternazioni di Tare). Il tutto condito anche da modalità tutt'altro che equilibrate di districarsi tra errori e interpretazioni arbitrali, con ogni fischio pronto a tramutarsi (mediaticamente) in teoria del complotto.
Un clima in cui le battaglie di sistema s'intrecciano con le rivalità di campo, un contesto che trova poi amplificazione in quanto accade a livello social, tra video pronti a diventare subito virali e accuse pronte a prendersi una ribalta potenzialmente illimitata (ben oltre la dimensione locale dell'era pre-social). Rivendicazioni corrette e sacrosante si fanno così pretestuose, giuste battaglie diventano ulteriori scintille per esacerbare gli animi, il confine tra giusto e sbagliato si perde tra retorica e faziosità. E ognuno, in questa giostra, diventa il barbaro dell'altro.
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