Il Kaiser e il Profeta ai Cosmos - EP.1: Una nuova stella sbarca nella Grande Mela
New York, 28 agosto 1978
Lo sapete perché il calcio non attecchisce negli Stati Uniti?
Gli americani sono i migliori in tutto, dalla corsa al pugilato, passando per la pallacanestro e l'hockey, ma quando si parla dello sport più diffuso al mondo sono incredibilmente indietro. Come mai? Io una mezza idea me la sono fatta. È tutta una questione culturale: da quanto ho capito durante la mia esperienza da corrispondente da New York, gli americani considerano sport solo quelle discipline in cui si utilizzano le mani. C'è poi un altro fattore che è così influente da aver determinato la storia stessa degli USA: loro non contemplano il pareggio. Tutto è bianco o nero, buono o cattivo. L'avversario non può essere al loro livello, devono sconfiggerlo.
Non per vantarmi, ma raramente le mie previsioni si rivelano errate. C'era ancora la Seconda Grande Guerra ed ero un ragazzino troppo giovane per votare ma abbastanza vecchio per imbracciare un fucile quando dissi ai miei commilitoni che non ci si poteva fidare dei sovietici, che ci avrebbero voltato le spalle appena gliene fosse capitata l'occasione. E ora eccoci qua, con un nuovo conflitto che potrebbe scoppiare da un momento all'altro. Ahimè, sapevo anche che il dottor King e le sue idee troppo belle per essere realizzate non avrebbero avuto vita facile. Probabilmente il mio fiuto da cronista non sbaglierà neanche questa volta.
Ma lasciate che mi spieghi. Tutto è iniziato stamattina verso mezzogiorno. Mi trovavo nel mio ufficio - che poi sarebbe una stanza del mio modesto appartamento con una scrivania, una macchina da scrivere dai tasti logori e un telefono - quando il direttore del giornale mi ha chiamato e con la voce concitata mi ha detto: "Peter, molla tutto e corri al Giants Stadium, i New York Cosmos hanno indetto una conferenza stampa. Stanno preparando qualcosa di grosso". Non avevo una gran voglia di scrivere e pur di cambiare aria feci come mi disse, così nel giro di qualche minuto ero già in viaggio.
I NY Cosmos sono una squadra di calcio dalla storia tanto breve quanto vincente. Sono nati solo nel 1970 ma in appena 8 anni hanno già vinto il campionato 3 volte, l'ultimo qualche giorno fa. Non è solo una questione di trofei, ma di ambizioni: i fratelli Ahmet e Nesuhi Ertegün, insieme al loro socio Steve Ross, hanno infatti l'obiettivo di far conoscere il calcio negli Stati Uniti e per farlo stanno pagando a peso d'oro campioni da tutto il mondo per convincerli a giocare nella NASL [North American Soccer League, antesignana della MLS, nds]. Sarò sincero: secondo me non è con i soldi che si costruisce una cultura, condizione necessaria per far crescere il soccer negli States, ma devo ammettere che vedere da vicino tutti quei grandissimi giocatori è sempre un piacere. In questi anni ho assistito all'ultima partita di Pelé, sono rimasto impressionato dalla fisicità di Carlos Alberto e dal fiuto del gol di Chinaglia, ma se devo dirla tutta il mio calciatore preferito dei Cosmos è senza dubbio Franz Beckenbauer, il Kaiser.
Ogni volta che penso a quel nome così elegante, potente e austero mi spunta un sorriso. Chissà se gli altri passeggeri che sono con me in bus l'hanno notato. Poco importa, sono arrivato al Giants Stadium e mi tocca scendere. Al cancello c'è una folla mai vista ma io mostro il mio tesserino e, con non poca fatica, riesco a superare l'orda di curiosi e a entrare.
Dovete sapere che agli Ertegün e a Ross piace fare le cose in grande, come ogni persona che viene dal mondo dello spettacolo. I fratelli di origine turca sono proprietari dell'etichetta discografica Atlantic Records, mentre Ross fa parte di Warner Communication, un gruppo d'investimento che ha le mani in pasta in ogni settore dal cinema all'editoria. Non mi stupisce dunque che la sala per le conferenze stampa sia addobbata a festa con i loghi e i colori sociali del club e l'immancabile bandiera a stelle e strisce. Tutto dev'essere perfetto e rigorosamente a favore di telecamera. Prendo posto vicino al collega del Times, Gary Davidson, e Ross inizia subito a parlare e dopo i soliti convenevoli dichiara:
"I Cosmos hanno appena vinto il titolo NASL, confermando ancora una volta di essere la miglior squadra d'America. Ma non vogliamo fermarci qui, vogliamo che tutto il mondo conosca il nostro club. Per riuscirci però avremo bisogno dei migliori giocatori in circolazione; ed è per questo che con grande piacere vi annuncio l'ingaggio del campione olandese Johan Cruyff".
COSA?!
Alzo subito la mano e chiedo: "Ma non aveva smesso?"
Ross evidentemente si aspettava la domanda visto che con un sorriso spavaldo risponde: "Certo, ma giocare nei Cosmos è un onore talmente grande che ha deciso di rimettere gli scarpini e tornare in campo".
Se io mi lascio facilmente trascinare dall'entusiasmo sfociando talvolta in domande banali, come in questo caso, Davidson è invece più freddo e la sua domanda mette leggermente in difficoltà il dirigente: "Per quanti anni ha firmato e quanto guadagnerà?"
"In effetti il signor Cruyff non è un nostro giocatore a tutti gli effetti, deve ancora decidere se sposare la causa dei Cosmos, ma sono certo che lo farà. Per convincerlo gli abbiamo proposto un contratto per due partite amichevoli: si terranno entrambe qui, al Giants Stadium, e il ricavato andrà in beneficenza all'UNICEF. Nella prima affronteremo una selezione dei migliori giocatori del mondo, il World All-Star, dopodiché toccherà agli spagnoli dell'Atletico Madrid. Finite queste due partite, voleremo in Europa per una tournée contro le migliori squadre del Vecchio Continente. Saremo gli Harlem Globetrotters del soccer, tutti vorranno vederci giocare!".
La conferenza stampa finisce e io sono senza parole.
Johan Cruyff. Il Profeta del Gol, il Pelé Bianco.
A New York.
Insieme al mio giocatore preferito, Franz Beckenbauer, il Kaiser.
Non posso crederci.
Ritorno in me e a passo spedito esco dalla sala ormai rimasta vuota. Giunto in strada chiamo un taxi. Le mie finanze non me lo permetterebbero ma chi se ne frega dei soldi, ho troppa fretta di arrivare a casa. Salgo i gradini due alla volta, apro la porta e mi precipito nello studio. Compongo il numero del direttore e stavolta sono io a dare un ordine a lui:
"Ho bisogno che mi procuri un pass per seguire le amichevoli dei Cosmos".
Questo articolo rientra nel genere del narrative journalism (giornalismo narrativo). Esso consiste nel raccontare storie realmente accadute attraverso espedienti e tecniche romanzesche. Il tutto per garantire maggior immersività e coinvolgimento emotivo da parte del lettore. Il protagonista della storia è inventato, ma le vicende relative a Beckenbauer, Cruyff e i NY Cosmos sono vere.
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