Il lato vitale e quello oscuro del nuovo sfogo di Commisso contro i giornali
Dopo una fine di gennaio a dir poco convulsa fuori dal campo, con l'insidia blaugrana a irrompere con forza su Amrabat e a risvegliare sua voglia di partire, l'inizio di gennaio ha portato due liete novelle alla Fiorentina: l'approdo in semifinale di Coppa Italia, battendo il Torino al Franchi, e il rientro a tempo di record del caso diplomatico con lo stesso Amrabat, utilizzato nel finale da Italiano. Qualche fischio, insomma, non intacca l'intenzione già evidente di ricucire e di rinviare all'estate i discorsi di mercato. Tutto è bene quel che finisce bene, insomma? In parte.
Nel post-partita della vittoria sul Toro, infatti, Rocco Commisso si è lasciato andare a un nuovo sfogo diretto da un lato al sistema del calcio italiano (un calcio definito malato dal patron viola) e d'altro canto indirizzato, con forza ancora maggiore, all'intreccio (con conseguente conflitto d'interessi) tra editoria e proprietà di società calcistiche. In sostanza Commisso ha sottolineato come i quotidiani in mano a Urbano Cairo coltivino un certo ostracismo proprio nei confronti del club gigliato e della sua proprietà, arrivando a "criticare con articoli stupidi".
"Mi riferisco anche ai giornali fiorentini, il Corriere Fiorentino o anche alla Gazzetta dello Sport, sono controllati da chi è il padrone del Torino e fanno degli articoli stupidi, si devono vergognare. Io non ho giornali in Italia, non è giusto che i giornali di un presidente critichino l'avversaria"
- Rocco Commisso
I due aspetti virtuosi e condivisibili dello sfogo di Commisso esulano dal discorso fatto sui media e riguardano la condizione attuale del calcio, palesata dalle grandi difficoltà vissute anche dai big club, oltre che un'anomalia tutta italiana (quella di chi ama parlare piuttosto che fare). In tal senso il proprietario del club viola ha dimostrato di voler scuotere l'immobilismo del nostro calcio, investendo sulle infrastrutture e puntando con forza sullo sviluppo del calcio femminile e del settore giovanile (col Viola Park come prossimo fiore all'occhiello).
In tal senso è chiaro che Commisso si sia conquistato, coi fatti, un pulpito da cui esporsi e da cui muovere qualche critica a un sistema che, a livello politico, lo ha saputo sostenere solo con discontinuità e non ha assecondato del tutto la sua volontà di investire. Al contempo, spostandosi sul fronte del sistema mediatico, non è certo peregrina la perplessità legata a un potenziale intreccio pericoloso, a interessi che finiscono per collidere e per rendere (perlomeno agli occhi di tifosi e addetti ai lavori) meno limpido e autonomo il lavoro dei giornalisti, almeno in linea teorica.
Non manca però un lato oscuro, una deriva pericolosa sia riferendosi al contesto viola che più in generale all'ambiente calcistico. Parole come quelle di ieri, parlare dunque di vergogna e di stupidità, rappresentano anche un'arma in grado di turbare gli animi e di rendere sempre più netto il muro che separa i media dai tifosi (e dalle altre componenti del mondo del calcio).
Un meccanismo che può distrarre dal campo e rinverdire i fasti di crociate che, oggi, non giovano a un ambiente già troppo spesso segnato da polemiche e battaglie. Riscrivere le regole e lavorare per il cambiamento, come Commisso ha mostrato coi fatti di voler fare, non deve necessariamente tradursi insomma nella logica dell'uno contro tutti, nella sindrome da accerchiamento, al di là della presa che indubbiamente un simile approccio esercita da sempre sulla piazza.