Il nuovo stadio di Firenze rischia di restare senza la Fiorentina?
Una serata di gala, tanti campioni del passato e uno scenario di prestigio come il Salone dei Cinquecento, grandi personalità del mondo dello sport a livello nazionale, da Gravina al CT Mancini, tutti insieme per celebrare l'importanza di rinnovare gli stadi italiani e di renderli moderni, competitivi sul panorama europeo e sempre più accoglienti per i tifosi (costretti troppo spesso, in tante città d'Italia, a vivere l'esperienza accanto alla squadra in contesti persino fatiscenti, in strutture tutt'altro che avveniristiche).
Un progetto da valutare
L'occasione è quella della presentazione del progetto vincente per il concorso legato alla realizzazione del nuovo stadio Artemio Franchi, con speciale attenzione rivolta anche al quartiere di Campo di Marte, a sua volta pronto a vivere anni di radicali cambiamenti. Un'occasione che, come da tema e da invitati della serata, avrebbe dovuto mettere in stretta relazione lo stadio fiorentino e la squadra del capoluogo toscano, la Fiorentina appunto, una società che già prima dell'arrivo di Rocco Commisso sembrava voler accelerare con forza sul fronte delle infrastrutture e del loro ruolo per aumentare il fatturato e la competitività conseguente.
Un pallino emerso già coi Della Valle e che poi, dopo tentativi naufragati nei gorghi della politica e della burocrazia, ha trovato nuovo slancio fin dall'arrivo della nuova proprietà, del numero uno di Mediacom. Quanto fatto col Viola Park, nascente centro sportivo che rappresenterà il cuore del club gigliato e darà modo alle squadre (comprese giovanili e femminile) di allenarsi un centro all'avanguardia, avrebbe dovuto rappresentare una parte di un insieme maggiore e più ambizioso, con un nuovo stadio di proprietà come faro e come punto di riferimento anche a livello di introiti commerciali annessi, aspetto imprescindibile agli occhi della proprietà (come più volte ribadito).
I motivi del possibile scetticismo
Se il ritornello dell'era Della Valle prendeva le distanze dall'idea di "vivacchiare" è altrettanto evidente come Commisso non sia uomo dalle mezze misure, orientato verso il compromesso, soprattutto quando ricava l'impressione di trovarsi "messo in mezzo" a faccende slegate dal futuro della Fiorentina, a dinamiche politiche e istituzionali di cui avrebbe volentieri fatto a meno (come accadde col flop del progetto Mercafir). Al contempo, rispetto al Franchi, Commisso ha spesso chiarito senza mezzi termine quanto trovasse inadeguato e vetusto l'impianto storico dei viola, tanto da scatenare reazioni degli eredi di Nervi e della Soprintendenza.
Pur con le connessioni retoriche e simboliche col mondo viola, in occasione del successo di Arup Italia e del progetto di David Hirsch, è chiaro che ciò che conterà di più sarà la sostanza: come potrà partecipare attivamente la Fiorentina al progetto per l'area commerciale? Il nuovo stadio continuerà a chiamarsi Artemio Franchi o ci si saranno margini per introiti diversi, legati ai diritti del naming? In più, restando legati al campo, la Fiorentina avrà realmente modo di non spostarsi dal suo stadio nel corso dei lavori di rimodernamento? Joe Barone ed il sindaco Nardella sono già in contatto e si vedranno a breve, la parola più pesante sarà però quella posta da Commisso e, alla luce dei precedenti, è complesso immaginare una reazione festosa al progetto di riqualificazione.
L'idea di una Fiorentina destinata ad allontanarsi dal Franchi, paventata dai più audaci, appare poco realizzabile ma, al contempo, il rischio di un disimpegno futuro da parte di Commisso - di fronte a uno scenario certo non rivoluzionario per le casse e per il fatturato viola - potrebbe materializzarsi come uno spettro ben più spaventoso. Del resto, non è un mistero, il proprietario viola non ha mai visto di buon occhio la prospettiva di fare da finanziatore o da "complice" di progetti auspicati da altri e da altri selezionati: la sua prospettiva di partenza era opposta, tutt'altro che conservativa, e non ha trovato fino a oggi una risposta soddisfacente nelle istituzioni (escludendo così la volontà di investire e sporcarsi le mani su quello che, di fatto, non era il suo sogno).
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