Il primato della cronaca e la lente del tempo: il caso scommesse cambia forma
La foga e l'energia che si mettono in un gesto, in modo ancor più lampante quando si tratta di un attacco, riescono talvolta a riflettersi in modo speculare sul loro autore: più dura sarà l'aggressione e più si rischierà che il contraccolpo si riveli altrettanto potente, che il rimbalzo sia dirompente. Un attacco al sistema, come quello mosso da Fabrizio Corona e dal suo DillingerNews nei confronti del mondo del calcio col chiaro intento di far vacillare l'interno castello, sta prendendo la larga da ciò che in origine doveva essere (un colpo ben assestato, tale da far tremare le fondamenta) e si sta tramutando in una battaglia legale, si sta spostando su un terreno ben diverso da quello della crociata (condotta in nome di una surreale etica, di una caccia grottesca alla moralità).
La voce del tempo
Il tempo - in questo caso neanche troppo tempo - si sta rivelando la lente più equilibrata per far decantare un fatto, per svelare le falle di una narrazione unidirezionale, permettendoci di avere un quadro più lucido dell'insieme e di distaccarci da una rincorsa allo scoop urlato, al calciatore da inviare sul banco degli imputati (con tanto di inciampi nonsense come quello legato ad Azmoun).
Non si può certo parlare del tempo della verità, quella processuale richiederà del resto tempi ben più prolungati rispetto a quelli isterici dei media, ma di una situazione ben differente da quella che Corona e i suoi collaboratori dipingevano a priori, sbandierandola come dato di fatto: si parlava di un sistema sull'orlo del precipizio, di un campionato a rischio di chiusura, di nomi su nomi di calciatori coinvolti.
In mezzo, poi, tracce di calcio giocato: attestati di vicinanza di tifosi e squadra ai giocatori effettivamente coinvolti (come Tonali e Fagioli) ma anche uno sfogo emotivamente dirompente come quello di Stephan El Shaarawy, uno che - fin da subito - ha preso le distanze con fermezza dalle accuse, richiamando ognuno alle proprie responsabilità.
Di oggi, infatti, la notizia (riportata dall'ANSA) di Corona finito sotto indagine della Procura di Milano per diffamazione aggravata, in seguito alle querele presentate proprio da El Shaarawy e Nicolò Casale. Si figurava dunque una sorta di stillicidio, più in linea con un perverso Squid Game che non con un'obiettiva narrazione di una serie di fatti: la fotografia attuale del contesto ha ristabilito un primato della cronaca, lo ha fatto grazie a un'intervista decisiva rivelatasi invece "sgonfia" e a una serie di colpi assestati con tanto vigore ma con ridotta precisione.
Distruggere o costruire?
La reazione delle singole società e delle istituzioni calcistiche, tutto sommato coesa, ci consegna dunque l'effettiva presenza di un problema (quello della ludopatia) ma si distacca nettamente dall'idea di combine e di risultati pilotati, rendendo la questione individuale in primis e globale solo di rimbalzo. Non, dunque, una vera minaccia alla tenuta di un sistema ma la necessità - soprattutto rispetto alle generazioni più giovani - di ristabilire in modo chiaro e netto il divieto di scommettere, motivandolo e sapendone descrivere derive e conseguenze sulla carriera e sul percorso di vita di un atleta.
In tal senso vanno lette le "prescrizioni alternative" previste dalla sentenza di Fagioli: una parte integrante del percorso di recupero del calciatore, al di là dell'assenza dal campo, sarà legata alla trattazione pubblica del tema ludopatia e da un percorso di terapia, aspetti che puntano insomma a costruire più che a distruggere.
L'input distruttivo, la volontà di rendersi artefici del terremoto che dà il colpo di grazia al pallone, assume un'altra forma e lo fa, questo è l'aspetto fondamentale, rendendoci chiaro quanto le parole e le accuse abbiano un loro peso, quanto ogni sasso lanciato possa tramutarsi in boomerang. Anziché guardare il dito, come si è fatto inizialmente e come si è già sottolineato, s'inizia gradualmente a soffermarci sulla luna.