Il problema è Xavi o il Barcellona?
L'addio è annunciato. Festeggiano i detrattori di Xavi, perde il barcelonismo. Il tecnico leggenda del club catalano lascerà il suo incarico il 30 giugno 2024, al termine della stagione corrente e nonostante un contratto in scadenza l'anno successivo.
Un annuncio arrivato nel momento peggiore della sua squadra, dopo due settimane complicatissime che hanno portato via la Supercoppa di Spagna e la Coppa del Re e allontanato l'idea di una clamorosa remuntada in Liga. Restano a disposizione la Champions League e un inevitabile piazzamento tra le prime quattro del campionato. Ma perché e come si è arrivati a questa situazione? Quali sono state le dichiarazioni dei protagonisti in merito?
Ha parlato Xavi e l'ha fatto diverse volte a causa dei tantissimi match ravvicinati giocati dal Barcellona nel mese di gennaio. La dichiarazione che ha inciso di più è ovviamente l'ultima, in seguito alla sconfitta per 3-5 maturata a Montjuic contro il Villarreal: "Prima che mi facciate domande voglio annunciare che a partire dal 30 giugno non sarò più l'allenatore del Barcellona. Ne abbiamo parlato con Laporta e l'area sportiva e come culé credo che il club necessiti un cambiamento. Come culé, pensando al club e ai giocatori, credo che si libereranno e saranno più tranquilli. Pensando come uomo del club credo che la cosa migliore sia andare via il 30 giugno. Detto questo, darò il mio massimo nei quattro mesi che restano, credo che possiamo fare una grande stagione e spero che questa dinamica cambi. È una situazione in cui bisogna avere buon senso e ho deciso che dal 30 giugno non allenerò più il Barça".
Alla Klopp potremmo dire. La tempestività dell'annuncio (due giorni dopo) è terribilmente connessa, ma arriva sulla base di motivi molto distanti. Xavi è al Barça da due anni e poco più e le sensazioni che lasciano molte delle sue dichiarazioni è che stia respirando a fatica in un ambiente che l'ha amato come calciatore, ma che non gli concede tempo o momenti difficili come allenatore. Potrebbe sembrare una questione che sfocia nell'ingratitudine (e a tratti lo è), ma ha in realtà a che fare con la storia ciclica del club blaugrana. Ne parlava così il tecnico qualche giorno prima.
"Non so se è ingiusto con me oppure no, ma succedono molte volte questo tipo di cose. Diamo sempre importanza alle persone quando iniziano ad andarsene. Ora si valorizza il lavoro di Valverde, di Koeman, di Sergio Busquets o di Jordi Alba, che ci manca molto, e questo fa riflettere. Io sono del partito di valorizzare quello che ho. Sono nel miglior club del mondo, felice nel venire a lavorare ogni giorno. Bisogna valorizzare le cose ora e non quando non ci sono più."
- Xavi
Un'analisi, con tanto di frase social romantico-nostalgica, che coinvolge non solo gli uomini citati, ma anche i precedenti. Al Barça i cicli durano uno o due anni, i cicli vincenti un triennio o un quadriennio al massimo. Dai tre di Van Gaal dal 1997 al 2000 a quelli di Luis Enrique tra il 2014 e il 2017; i quattro di Guardiola tra il 2008 e il 2012 e i cinque di Rijkaard dal 2003 al 2008. Anche se cambi la storia del club, il lavoro ti consuma.
"Sono in carica da due anni e mezzo. Luis Enrique è rimasto tre anni, Guardiola quattro, quindi mi rimane poco tempo. Arriverà un momento in cui andrò via, state tranquilli."
- Xavi
Tra queste dichiarazioni e quelle dell'annuncio sono trascorsi soltanto pochi giorni, in una parabola discendente incontrollabile che ha influenzato Xavi fino a questa decisione. Dall'influenza indiretta della scelta di un gigante come Klopp ai 9 gol subiti da Athletic e Villarreal nelle ultime due partite. Una decina di giorni fa aveva detto che in caso di mancata vittoria avrebbe salutato il Barça a fine stagione e il presente (che ha portato all'eliminazione dalla Coppa del Re e all'allontanamento in Liga) ha accelerato il processo, salvo ulteriori dichiarazioni postpartita.
E non si tratta di un allenatore qualsiasi, ma della leggenda del club campione in carica della Liga e vincitore della precedente Supercoppa di Spagna. Il minimizzare un trionfo e portare allo stremo anche figure iconiche come lui è forse il più grande problema del Barça in questo momento storico, quello che sta edificando una distanza netta con l'approccio del Real Madrid e, in parte, anche dell'Atletico. Se non è Xavi l'allenatore a cui affidare anni di gestione (dopo aver ottenuto anche una Liga), allora chi? A Barcellona contano più i risultati nel breve di una continuità che potrebbe portarli a lungo termine, si sacrifica (anche nell'ambiente) quell'ADN esportato in tutto il mondo.
La squadra, stando alle dichiarazioni post Villarreal dei leader, è con Xavi. E lui ha cominciato a togliersi qualche sassolino anche con la stampa dopo aver annunciato l'addio. "Abbiamo già cambiato la dinamica perché è la prima volta che ricordate che abbiamo vinto la Supercoppa e la Liga. Dovevo sempre ricordarlo io e ora me lo ricordate con la domanda".
A stargli vicino, ed è sia paradossale e sia indice della ciclicità di quanto sia avvenuto, è proprio il Txingurri Valverde, tecnico dell'Athletic Bilbao. Dopo essere stato l'esecutore dell'accelerazione di questa dinamica, l'ex allenatore del Barça due volte campione della Liga, una della Coppa del Re e una della Supercoppa di Spagna, ha dichiarato: "Ognuno deve prendere le proprie decisioni. So cosa significa essere l'allenatore del Barça e come funzionano le cose lì. Non bisogna dimenticare che Xavi è l'allenatore campione in carica della Liga e che ha vinto tutto da giocatore. Ha preso questa decisione e crede che sia la cosa migliore per lui. Ci sono molte cose in cui posso capirlo".
La solidarietà di qualcuno che ha attraversato le stesse vie nello stesso ruolo. A Valverde si imputavano le rimonte storiche subite, a Xavi sconfitte clamorose e con tanti gol, fragilità difensiva e gap con i vertici della Liga. È l'evento sensazionale che accelera i processi, che interrompe prima del tempo le storie d'amore e condanna il Barça a un cambiamento ciclico, mediamente a cadenza triennale.