Il ruolo del capitano e le parole a caldo: Calabria-Pioli, un 'caso' da sgonfiare

Le dichiarazioni di Calabria e la risposta di Pioli accendono l'ambiente rossonero dopo la sconfitta di Parigi.
Calabria
Calabria / Mike Hewitt/GettyImages
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Settimana da dimenticare quella del Milan, tratteggiata da una sconfitta interna per mano della Juventus e da un pesante 3-0 in casa del PSG: superati in campionato dall'Inter e ancora a secco di vittorie in Champions League, diventa evidente come il percorso europeo dei rossoneri abbia le carte in regola per destabilizzare. In tal senso non arriva neanche il conforto della statistica, considerando come i rossoneri (insieme al Benfica) siano fin qui la sola squadra di Champions a non aver trovato la via del gol e aggiungendo un altro dato poco incoraggiante. Per la prima volta, infatti, una squadra italiana non segna per cinque partite di fila (tra questa edizione e la scorsa) nella principale competizione europea.

Al di là dei numeri e della consapevolezza di avere una strada in salita da affrontare, nelle tre sfide di ritorno, è emerso ieri - nel post-partita del Parco dei Principi - un potenziale "caso", enfatizzato ad arte mediaticamente, con Stefano Pioli e Davide Calabria come protagonisti. "Botta e risposta" o ancora "alta tensione", definizioni tali da far immaginare una polveriera, da consegnare l'idea di uno spogliatoio in tumulto. L'inghippo, il misunderstanding, nasce probabilmente dalle espressioni usate da Calabria a bordocampo (a Prime Video) dopo la sconfitta, parole dal sapore di accusa che vanno però chiarite e contestualizzate: "Ce la giocheremo, sicuramente è difficile ma chi non ci crede può stare a casa, noi ci crediamo".

Accusatore o leader?

Quel "chi non ci crede può stare a casa" è stato interpretato come una vera e propria accusa ai compagni, ad alcuni di questi, quando è evidente che il "noi ci crediamo" successivo sposti la chiave del discorso, gli dia un altro tono e si allontani dall'accusa indiscriminata nei confronti dei compagni di squadrao addirittura verso l'allenatore. Calabria è poi entrato più nel merito della questione ai microfoni di Sky Sport, in modo più approfondito, rendendo più chiara la prospettiva critica e vestendo i panni del capitano più che dell'accusatore che spara nel mucchio.

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Pioli e Calabria / GABRIEL BOUYS/GettyImages

"Ultimamente abbiamo subito troppi gol con le grandi, stiamo facendo troppi pochi gol, dobbiamo essere più intensi, più attenti in fase difensiva, fare una rincorsa in più e non una in meno. [...] Il risultato fa arrabbiare perché non possiamo perdere 3-0. Rimbocchiamoci le maniche, non è perduto niente, dobbiamo capirlo, saranno partite fondamentali e potranno ancora farci passare. Eravamo forse troppo aperti e coi loro giocatori fai fatica, hanno giocatori fenomenali, ma come nel secondo gol dobbiamo stare più attenti. Non possono ritrovarsi con due giocatori liberi in area. Cosa dobbiamo cambiare? Tutto sinceramente. Nelle prime due dovevamo fare più punti. Dobbiamo crederci, lavoriamo tutti i giorni a Milanello, ci facciamo il culo tutti i giorni per giocare queste partite".

Il finale del discorso alza chiaramente i toni e, a livello mediatico, chiama in automatico l'idea di un presunto caso. Il tutto sottovalutando il fatto che, a tutta evidenza, Calabria provi a vestire semplicemente i panni del leader, con l'obiettivo di spronare. La risposta di Pioli, nel racconto della questione, ha poi fatto il resto: "Spesso perdiamo un po' di lucidità nel dopo-partita, dobbiamo essere arrabbiati perché possiamo far meglio ma non perché non abbiamo fatto quel che abbiamo preparato in settimana. Quelle cose andavano espresse con un livello di qualità superiore perché abbiamo sbagliato tanti piccoli passaggi che facevano ripartire loro. Era troppo importante il primo passaggio. Ma dobbiamo continuare a credere che quel che facciamo sia la cosa giusta".

Un concetto, due voci

Rileggendo le dichiarazioni dei due protagonisti si possono evincere due cose, al di là di frettolose conclusioni: Calabria innanzitutto, da capitano, punta sul "noi" e s'include pienamente nella disamina fatta, senza dunque lanciare il sasso e nascondere la mano. Il tecnico poi, di fatto, ricalca nei contenuti quanto suggerito dal capitano rossonero: il lavoro in settimana è quello giusto ma occorre lavorare su dettagli che - contro avversari simili - diventano decisivi. L'idea di un caso (con tanto di ritorno del mai domo #PioliOut) riguarda perlopiù la parte in cui Calabria si lancia in una disamina tattica, citando un Milan "forse troppo aperto", andando insomma a ricalcare la posizione di quei critici che ritengono il Milan di Pioli troppo esuberante e offensivo anche contro squadre di livello tecnico superiore.

Davide Calabria
Calabria / Alessandro Sabattini/GettyImages

Diventa evidente che tali voci critiche vadano a nozze con quelle specifiche parole di Calabria, utilizzandole per esacerbare i toni o per dar conto di uno spogliatoio frustrato (versione per il momento pretestuosa più che oggettiva). La risposta di Pioli, invece, ha una funzione chiara e se vogliamo inevitabile: quella di riportare equilibrio e di non voler assecondare il possibile disfattismo legato a una sconfitta. Una funzione di equilibratore che, ripensando al passato, ha lasciato un proprio marchio di fabbrica sugli ultimi anni vissuti dal Milan: è prematuro parlare di caso, insomma, quando ci si trova semplicemente di fronte a due posizioni affini, raccontate da prospettive diverse.