Inter e Parma: il ruolo virtuoso (e sottovalutato) della continuità
Un pareggio e una vittoria, rispettivamente contro Fiorentina e Milan per il Parma, e ancora contro Genoa e Lecce per l'Inter. Quattro punti conquistati e un segnale importante alle altre squadre italiane. I club campioni delle scorse Serie A e Serie B non hanno cambiato guida tecnica, non hanno quasi toccato l'undici tipo che li ha guidati ai successi nella stagione 2023-24.
Una scelta, non una situazione dettata da contingenze economiche, dei direttori sportivi Ausilio e Pederzoli che, nonostante le ambizioni completamente diverse, hanno finito per percorrere la stessa strada. Il DS del Parma, in un'intervista che ormai risale a circa due mesi fa, parlava così in occasione di una serata di premiazione al Grand Hotel di Rimini: "Gli obiettivi sono di inserire qualcosa, in una rosa che intendiamo confermare in larghissima parte perché crediamo che dare continuità al nostro progetto tecnico sia estremamente importante. La capacità della nostra proprietà è stata di mantenere fede ai suoi principi anche e soprattutto nei momenti difficili, in questi tre anni ci sono stati momenti complicati ma la proprietà ci ha consentito di proseguire su questa strada con una squadra giovane che gioca un calcio propositivo, con un allenatore coraggioso e grazie a questo siamo arrivati al nostro obiettivo, ovvero la Serie A. Ora ci aspetta un obiettivo nuovo, rimanere nella categoria, senza snaturare la nostra filosofia".
La volontà di non disperdere quanto costruito nelle stagioni passate, l'obiettivo di portare quella continuità tecnica che premia chi ha lavorato bene, cercando di creare una struttura solida che duri negli anni a venire. La prima conseguenza è stata un inizio di Serie A entusiasmante contro la finalista della scorsa Conference League (Fiorentina) e contro un Milan il cui valore transfermarkt risulta essere 6 volte superiore alla rosa crociata. Lo start del Parma ci ricorda che la differenza tra la Serie A e la Serie B non è sancita dalle spese sul mercato o dalla rivoluzione necessaria per una squadra che compie il salto di categoria; dipende principalmente dalla bontà del progetto tecnico, dalla visione di un allenatore e dalla lungimiranza di un direttore sportivo.
E se il Parma può essere considerato un esempio virtuoso (almeno dopo le prime apparizioni) per quanto concerne le neopromosse, l'Inter è la conferma che per essere considerata ancora la squadra favorita non c'è bisogno di spendere cifre astronomiche in ogni sessione di calciomercato. Se consideriamo gli investimenti di Arnautovic, Frattesi e Carlos Augusto come acquisti appartenenti alla passata stagione (quando, di fatto, sono arrivati) possiamo affermare che nella parte nerazzurra di Milano si sta concretizzando il mercato in entrata meno oneroso degli ultimi 10 anni. Finora sono soltanto 13.5 i milioni investiti per l'arrivo del secondo portiere Josep Martinez del Genoa.
Nel corso dell'estate hanno parlato del tema mercato sia Ausilio che il neopresidente Marotta ed entrambi non si sono discostati dal filone narrativo, compiendo quanto affermato all'apertura del calciomercato. I soliti acquisti a parametro zero (Zielinski e Taremi) e le due priorità sul tavolo nerazzurro: il rinnovo di Simone Inzaghi e la conferma del blocco rosa Campione d'Italia. La crescita del calcio espresso dal tecnico ex Lazio è stata evidente nella passata stagione, coronata dal 20° Scudetto e nata dalle ferite della Finale di Champions League persa contro il Manchester City nel 2023.
Due eventi che, uniti agli investimenti del passato e alla continuità del presente, pongono le basi per creare un ciclo duraturo e longevo. L'Inter ha forse un numero di rivali forti più alto da gestire rispetto agli anni di dominio bianconero e ha scelto la strada della conferma per rispondere ai tanti investimenti dei maggiori club italiani. In una Serie A in cui sono cambiati 13 allenatori su 20 rispetto alla passata stagione, Inter e Parma (insieme a Roma, Atalanta, Genoa, Lecce e Como) hanno deciso di non cambiare chi le ha portate alla gloria, sposando la continuità e allontanando quel sempre più frequente via vai di allenatori che rende i cicli spesso soltanto biennali o triennali. Dimostreranno, oltre al caso unico dell'Atalanta di Gasperini, che affidarsi a lungo termine al proprio tecnico (accettando anche momenti critici) può ancora portare al successo?