Inter - Juventus, ovvero l'importanza dell'identità

Wojciech Szczesny e Samir Handanovic
Wojciech Szczesny e Samir Handanovic / Alessandro Sabattini/GettyImages
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Arrivava in una domenica speciale, questo Inter - Juventus di fine ottobre, nello stesso giorno de El Clásico, dello scontro al vertice fra Marsiglia e PSG, della sfida tra United e Liverpool e un bel match fra Napoli e Roma da copertina. Il derby d'Italia era un po' il coronamento di un turno che a livello europeo proponeva il meglio.

Ciò che però si è visto a San Siro, a dispetto del risultato, non ha forse rispettato le attese dei tifosi, che avrebbero probabilmente desiderato vivere le emozioni di un grande scontro di livello continentale e hanno assistito invece a un match piuttosto provinciale, come se stessimo vedendo giocare due squadre che pensano più a non farsi male che a vincere e convincere.

E non si lasci ingannare il lettore dalla facile conclusione: ci sono pareggi e pareggi, alcuni dove il risultato scontenta tutti perché tutti meritavano di vincere e altri dove la divisione della posta è il naturale effetto di un equilibrio che nasce nel segno dell'accontentarsi.

Ecco, questo 1 a 1 maturato per due episodi abbastanza anomali (gol di Dzeko pescato in mezzo a un cambio della Juve, rigore di Dybala dopo check del VAR per ingenuità di Dumfries) è un po' una mediazione delle due categorie: la dimostrazione plastica del perché, oggi, entrambe le squadre abbiano bisogno di fare ancora molti passi per candidarsi seriamente a essere leader del campionato e protagonisti credibili in Europa. Non è che non volessero vincere, ma semplicemente non ci hanno creduto.

Paulo Dybala
FC Internazionale v Juventus - Serie A / Alessandro Sabattini/GettyImages

Per i nerazzurri, la sensazione che il match ha lasciato è che la squadra di Inzaghi non sia ancora compiuta. Rispetto al gruppo di Conte l'Inter oggi è indebolita (oltre che per Lukaku, a mancare sono gli strappi di Hakimi, giocatore chiave nel campionato 20/21) e sembra meno sicura di sé.
Passata in vantaggio e in grado di approfittare dello schieramento a specchio di Allegri, l'Inter è sembrata non in grado di alzare i ritmi nonostante la prestazione più che positiva di Barella e Brozovic, autentica luce di una squadra che sta ancora cercando le proprie certezze.

Se alle note liete va sicuramente citata la linea difensiva nel suo complesso (Skriniar, de Vrij e Bastoni non hanno mai corso grossi rischi per tutti i 90') e Darmian, ancora sotto effetto Contiano, non si può di certo aggiungere Lautaro, in ombra per tutto il match e specchio di una squadra che potenzialmente avrebbe potuto chiudere già nel primo tempo la contesa, se solo fosse stata in grado di trovare la forza di provarci.

Il blocco dell'Inter non è dipeso solo dalla (diciamo non così furiosa) reazione della Juventus, ma da una specie di rallentamento fisiologico, come se tutto a un tratto le energie fossero venute meno.

Nicolò Barella, Manuel Locatelli
FC Internazionale v Juventus - Serie A / Alessandro Sabattini/GettyImages

Se i nerazzurri si sono come spenti già a fine primo tempo, la Juventus ha invece pagato un inizio di gara confuso, forse anche per via di una formazione iniziale un po' diversa rispetto a quanto visto fino a oggi: schierata con un 3-5-2 bloccato, la squadra di Allegri si approcciava alla gara puntando molto sugli inserimenti di Bernardeschi e McKennie e su una difesa "vecchio stampo" sorretta dal duo Bonucci-Chiellini. Piano gara che regge solo 20' a causa dell'infortunio del numero 20.

Così come gli avversari meneghini, i bianconeri non hanno saputo approcciare la gara in modo aggressivo, forse pagando l'esercizio mentale legato al ritrovato "piacere di difendere" (cit) su cui in queste settimane il tecnico livornese ha raccontato di aver lavorato di più.

La scelta poi di lasciar fuori Arthur e Chiesa è sembrata azzardata in una partita dove il palleggio poteva esser utile per scardinare il blocco interista: scelta che è stata parzialmente corretta dal sessantesimo minuto con i cambi per la mezz'ora finale.

Al di là della partita in sé, ciò che rimane di Inter - Juventus è la sensazione che entrambe siano ancora alla ricerca di un'identità distintiva collegata a un progetto tecnico. Se per Inzaghi il percorso è segnato, evidentemente, nel tracciato della continuità sulle idee di Conte (la difesa a 3, la centralità del ruolo delle mezzali, il ruolo del centravanti boa) per Allegri lo stato dell'arte è decisamente più fluido, come se mancasse ancora una valutazione reale di quale sia l'11 titolare e quale sia l'impianto tattico su cui costruire la propria idea di gioco.

In particolare, a colpire oggi è stata la scelta di puntare su una difesa a tre che ha tagliato fuori l'olandese De Ligt per privilegiare un approccio più conservativo, e soprattutto la panchina di Chiesa, decisamente l'uomo in più dei bianconeri in questi primi mesi.

Edin Dzeko, Ivan Perisic, Hakan Calhanoglu
FC Internazionale v Juventus - Serie A / Alessandro Sabattini/GettyImages

Se oggi dovessimo chiedere ad Allegri su quale sia l'idea di calcio che vuole portare avanti, probabilmente ci sentiremmo dire che il tutto parte da una fase difensiva efficace: ma quest'approccio può bastare a giustificare le panchine di quelli che sono gli uomini più importanti della rosa?

E quanto può essere futuribile un progetto che si adatta all'avversario allo scopo di demolire gli attacchi altrui, più che per imporre il proprio approccio?

Poche ore prima di Inter - Juventus, all'Old Trafford il Liverpool di Jürgen Klopp segnava cinque gol allo United imponendo la propria idea di calcio a una squadra comunque ricca di campioni come lo United di Ronaldo, Pogba e De Gea.

Quanto tempo servirà all'Inter, e soprattutto alla Juventus, per riuscire ad affrontare il campo con la stessa consapevolezza? Ma sopratutto: ci riusciranno?

C'è da sperarlo, anche per un generale miglioramento di posizionamento del calcio italiano nello scacchiere europeo.