Italiano-Vlahovic, la ruota che gira: l'amore tradito e il bisogno di andare oltre
Il peso delle memoria e della riconoscenza è così rilevante nel calcio? Quel che si vive di straordinario è destinato a lasciare, comunque vada, un segno indelebile di gratitudine che gli eventi non potranno intaccare? In linea di principio vorremmo immaginare di sì, per assegnare ancor più valore ai traguardi che con fatica si raggiungono, ma la pratica c'insegna come si annidi ovunque l'idea di un colpo di spugna in grado di dissolvere tutto (o comunque tanto) di quel che si è creato e che pareva il centro del mondo.
In questo senso potremmo tracciare un filo conduttore neanche troppo nascosto sull'asse Firenze-La Spezia, una connessione che da un lato parla dell'addio di una figura tecnicamente centrale nel mondo della Fiorentina, sul campo, e dall'altro ci mette davanti a un tecnico associato ripetutamente all'espressione "miracolo sportivo". Se Firenze attende il 2 marzo, come data evidenziata sul calendario, incrocio fatale tra chi ha il cuore infranto e chi quel cuore l'ha spezzato, per lo Spezia potrebbe essere curiosamente il 14 febbraio, San Valentino, il giorno per rinvangare tra le pagine più dolorose del passato e per cercare vendetta su chi si è voltato, su chi è andato oltre.
Vincenzo Italiano come Dusan Vlahovic, dunque, agli occhi dell'amante tradito: un rinnovo, una dichiarazione d'amore e poi un addio consumato tra i silenzi glaciali, causa di recriminazioni e rancori. Di recente, nel mondo Spezia, si è tornati a parlare in modo diretto di quell'addio tanto discusso, del passaggio repentino dal rinnovo - dalla voglia di ripetere un miracolo - alle sirene di una realtà più ambiziosa. Una situazione ribaltata in fretta e furia, senza la piena consapevolezza di quanto stesse accadendo: da una parte i piani di mercato, i nomi da valutare, le valutazioni tecniche; parallelamente una trattativa, un corteggiamento serrato e la voglia di non perdere quel treno che sembrava ormai partito (con Gattuso a governarlo).
Intrecci che raccontano una volta per tutte come nessuno, meno che mai calcisticamente, sia solo vittima o soltanto carnefice: è una ruota che gira, nell'arco di mesi, che tramuta agnellini in sciacalli, che mescola perfettamente vizi e virtù. Sia considerando l'addio di Vlahovic alla Fiorentina che quello di Italiano allo Spezia scopriamo come rapide accelerazioni partano in realtà da lontano, da procedimenti più elaborati: la Juventus sognava il serbo da tempo, come vero e proprio colpo risolutivo dopo l'addio di CR7 e come timbro sulle ambizioni, dall'altra parte Joe Barone - braccio destro di Commisso - seguiva Italiano da tempi non sospetti, intrigato dalle sue idee di calcio e dalla possibilità (prima o poi) di sceglierlo come tecnico.
Altro filo conduttore, forse il principale: la necessità di dimostrare come ci sia vita dopo Italiano, a La Spezia, e come ci sia vita dopo Vlahovic, nel capoluogo toscano. Il club ligure è riuscito a risollevarsi senza dover allontanare Thiago Motta, rivelando come il progetto tecnico virtuoso non dipendesse in modo esclusivo da Italiano: il tecnico e lo Spezia si sono arricchiti a vicenda, si sono accompagnati ben oltre le aspettative, senza che nessuno dei due possa dirsi il solo detentore dei successi ottenuti.
La Fiorentina dovrà dimostrare altrettanto, in una sorta di percorso speculare tra cuori infranti: la società gigliata è tornata a convincere grazie a Vlahovic, sì, ma lo stesso Vlahovic è riuscito a splendere e a sbocciare facendosi forte del contesto fiorentino. Lo Spezia ha già dimostrato di poter vivere oltre il ricordo dell'amore tradito: ora, già dalla trasferta ligure, toccherà ai viola.
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