Il cammino di Ivan Juric, l'allenatore che tutti vorrebbero
Quando Ivan Juric approdò al Verona, fu accolto freddamente, tra scetticismo e diffidenza. Per la stampa nazionale sarebbe stato il primo esonero della stagione. Sì, perché la carriera dell’allenatore croato, seppur breve, era già in pericolo: le aspettative che aveva creato con la promozione del Crotone in Serie A erano svanite di fronte a quelle massacranti e deludenti stagioni a Genoa. Piene di esoneri (suoi e altrui) che non gli avevano dato la possibilità di trovare continuità, di sviluppare la sua idea di gioco e di dare prova delle sue qualità. Tutte cose che erano già presenti nel suo Mantova, il cui contesto l'avrebbe ritrovato nelle varie squadre allenate successivamente: con le poche risorse a disposizione dovette creare un’identità di gioco così da nascondere i limiti dei calciatori e sopperire alle mancanze della rosa. Proprio questa abilità permise al Crotone la conquista di una promozione insperata. Con un team arrivato sedicesimo la stagione precedente, Juric costruì un'identità di squadra forte, quel gancio a cui aggrapparsi quando tutto va male.
Quelle situazioni difficili, eroiche o incoscienti a seconda delle prospettive, lo spinsero ad accettare la panchina del Genoa nei tre anni successivi. Era uno di quei rompicapi che doveva risolvere anche se non ci riusciva. Cosa che decretò quasi la sua fine. Cosa che si stava per ripetere a Verona, con quella squadra data immediatamente per spacciata. Solo che il calcio (e le sue storie) è imprevedibile e, avendo Juric il tempo per portare avanti il suo gioco, ha dimostrato che non avevamo capito niente di lui. Esperti o tifosi che siamo. Infatti il Verona, quello finito e destinato alla retrocessione, è diventata la sorpresa del campionato.
Gli ingredienti del suo successo sono molti. Aggressività e sacrificio si traducono in un calcio muscolare, dei corpo a corpo, dell’uno contro uno. Va aggiunta poi una grande organizzazione in campo perché il Verona non è solo corsa e fisico, è una squadra che ragiona. Scambia la palla con rapidità, costruisce le azioni dal basso, attacca cercando la verticalizzazione sulle punte oppure spingendo con incursioni sulle corsie esterne. E quando è in fase di non possesso, adotta un pressing ultra-aggressivo per recuperare palla al fine di limitare la costruzione dell'azione della squadra avversaria. Diverse similitudini si incontrano poi tra Juric e Gasperini, tra l’Hellas e l’Atalanta: marcatura a uomo, difesa a tre, intensità di gioco con o senza palla. Del resto, il tecnico croato ha ammesso che tutte le sue conoscenze sul calcio le deve proprio a Gasperini.
Quell’intensità che pretende dai suoi giocatori è la stessa che lui mette in ogni partita. Urla dall’inizio alla fine, telecomanda il Verona in ogni istante all’interno di un’area tecnica che non ha confini. E quando i suoi allentano la presa, perché in vantaggio, Juric li riprende. Come nel finale contro la Lazio: "Alzati, questa è una battaglia” urla a un Colley che si butta a terra per perdere tempo.
Colley è solo uno dei giovani su cui Juric ha scommesso, valorizzandoli allo stesso modo in cui ha rivalutato alcuni giocatori ai margini della Serie A. Gli esempi sono tanti: Zaccagni, Dimarco, Antonin, Tameze (impegnato in diversi ruoli, tra cui l’intuizione geniale di farlo giocare come "falso nueve": così il tecnico ha dimostrato che, nel calcio moderno, il concetto di ruolo è ormai superato) e molti altri. Senza contare quelli dell’anno passato, come Kumbulla o Amrabat. Proprio la vendita di quasi tutti i suoi giocatori migliori l’aveva fatto arrabbiare non poco. Perché Juric non vuole (e non si merita) solo di valorizzare i giocatori, monetizzare e ripartire da zero. Vuole essere alla guida di un progetto ambizioso fin dai suoi inizi. Il Verona ha così risposto con i prestiti con diritto di riscatto di Sturaro e Lasagna, calciatori già maturi e perfetti per lui.
Nel Verona potrebbe trovare la sua Atalanta, ma la domanda adesso è una sola: è pronto per fare il salto di qualità? Perché quest’uomo venuto dal nulla, indesiderato da tutti, adesso invece è un dei più ambiti allenatori d’Europa. Fiorentina, Napoli e Roma (e non solo) lo stanno aspettando. Certo, bisognerà vedere se il suo gioco è applicabile in altre squadre, ma Juric ha fatto vedere che sì, è pronto, con il gioco e con la testa. Ed è finalmente arrivato il momento di spiccare il volo e di prendersi la sua rivincita, continuando a raccontare una delle favole più belle del nostro calcio.
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