Josip Ilicic, l'anarchico
Fragile. Discontinuo. Inaffidabile. Quando si parla di Iličić queste parole, nonostante tutto quello che ha dimostrato finora, hanno ancora un posto fisso accanto al suo nome. Giudizi che mi sembrano soltanto un'eredità del passato, più che conseguenze necessarie di un'analisi del giocatore come attualmente lo conosciamo. Iličić è in Italia da poco più di 10 anni, e le sue prestazioni altalenanti negli anni al Palermo e alla Fiorentina poi, lo hanno marchiato come un giocatore discontinuo, che non poteva dare sicurezze. Questi aggettivi, se li spostiamo dai giornali e li portiamo sul campo da calcio, in una partita vera, se vanno accanto al gioco di Iličić, e non al suo nome, assumono un significato completamente opposto, che permette ad Iličić di esprimersi in un modo unico e inimitabile, completamente anacronistico, nel calcio accelerato e codificato di oggi.
Iličić è fragile. È vero, in particolare negli ultimi anni, Josip ha perso molte partite per infortunio (si va per la media di 10 partite per stagione guardate dall'infermeria). Il suo modo di giocare lo porta spesso a scontrarsi contro gli avversari, corre molto e l'altezza spropositata per il suo ruolo e il baricentro alto non lo aiutano a mantenere l'equilibrio. Ma, come la storia del calabrone, lui non lo sa e in piedi ci rimane comunque. Perché è sì, fragile, ma solo se lo butti giù. Una delle caratteristiche più sottovalutate di Iličić è la sua bravura nel proteggere la palla: la sua è una protezione-conduzione, quando ha la palla sembra un ballerino sgraziato, che proprio grazie alla mancanza di coordinazione, crea un nuovo pattern di movimenti che arricchisce e si installa perfettamente in mezzo al ballo degli altri. Iličić sfrutta i movimenti codificati dei suo compagni di squadra per proteggersi e creare nuovi movimenti per gli altri, passa in mezzo, attira avversari, insomma, pulisce con pochi movimenti tutte le lavagnette tattiche degli avversari (e non solo).
Iličić è discontinuo. Se andiamo a vedere le statistiche come gol e assist, effettivamente, ad un prima occhiata, sembra che Iličić vada quasi a stagioni alterne (almeno l'Iličić pre-Bergamo), ma se andiamo più a fondo, in quel sottobosco di statistiche che un po' ci annoiano, un po' ci appassionano, l'apporto di Iličić sulla squadra è quasi sempre ad altissimi livelli, e a non essere costante sembra solo la sua capacità realizzativa. Nel suo ultimo anno alla Fiorentina, lo sloveno era uno dei giocatori che tirava di più in tutto il campionato, ma segnò soltanto 5 gol, dopo una stagione dove, con quasi la metà dei tiri, ne aveva segnati 13. A Firenze con Iličić è stato un odi et amo, ma l'ultima stagione fu un punto di rottura con la tifoseria, che non gli perdonerà mai la sua fumosità, tanto da venderlo a soli 6 milioni all'Atalanta. 6 milioni per un giocatore che nelle ultime 3 stagioni è stato, a livello di statistiche complessive, appollaiato in alto nelle classifiche europee insieme a gente come Messi, o Agüero.
Discontinuo però è l'aggettivo perfetto per descrivere il gioco con la palla di Josip. Nell'Atalanta iperoffensiva del Gasp, moderna, verticale, che spinge con gli esterni, una squadra che sembra programmata da un tecnico informatico che deve capire come destabilizzare completamente la Serie A, Iličić è un virus. Alterna accelerazioni improvvise a brusche frenate, muove i suoi compagni sul campo come se lui fosse il giocatore di scacchi e non una pedina. Si ferma e protegge palla, poi riparte, all'improvviso, si avvicina all'area, si ferma, vede l'esterno, triangola, gol. Iličić è uno dei pochi giocatori che riescono a sfruttare ancora la pausa (ricordate Riquelme?) su un campo da calcio, nonostante si trovi in un ambiente tattico che sembra decisamente inadatto. La discontinuità della sua corsa e della sua conduzione gli permette di creare e vedere costantemente nuovi passaggi, nuovi tiri, nuovi lanci, e di costruire lui stesso le basi perché quei nuovi spazi si creino.
Iličić è inaffidabile. Perché non riesce a risolvere le partite da solo. Perché non riesce ad assumersi sempre tutte le responsabilità che la squadra gli carica addosso. Ma quel numero 72 invece, da quando è a Bergamo, ne ha visti di pesi. L'Atalanta segna tanto anche per gli spazi creati dai movimenti di Iličić, e dai movimenti dei difensori che gli corrono incontro, spinti da una certa fama di cecchino (o bombardiere) dalla distanza, Il tiro da fuori di Iličić è un'arma non tanto a livello offensivo, ma a livello tattico, sposta le priorità dei difensori avversari e le confonde: meglio tentare di bloccare il tiro da 30 metri, o marcare il suo compagno che sta tagliando sull'esterno? Sia chiaro, l'Atalanta è una squadra molto autosufficiente, ma Iličić è un giocatore ora decisamente affidabile, dato che in ogni occasione in cui è subentrato dalla panchina, nelle ultime stagioni in nerazzurro, tutti i suoi compagni di squadra si abbandonano completamente al suo estro al suo superpotere di attirare a sé i difensori avversari.
Forse l'inaffidabilità nasce dalla storia del suo primo arrivo in Italia, al Palermo. C'è stato un tempo in cui il Palermo giocava gli spareggi di Europa League, con Pastore, Sirigu, Nocerino, Liverani, che si contendevano il passaggio alla fase a gironi contro questa squadra slovena, il Maribor, dove giocava un giovanissimo Josip Iličić, da poco più di un mese. L'andata la vincono i siciliani per 3 a 0, e il giorno dopo Zamparini acquista il giovane talento sloveno, insieme a Bacinovic. Al ritorno, con Iličić ancora al Maribor, ma promesso sposo dei rosanero, è proprio lo sloveno a segnare il gol del 2-0 per la squadra slovena, e mettere paura al Palermo, che comunque riuscirà poi a passare il turno.
Tre stagioni al Palermo in cui fa vedere cose buone e cose meno buone, ma rimane anche vittima di allenatori che non avevano ben chiaro quale fosse il ruolo migliore perché potesse esprimere il suo gioco, e il fatto che Zamparini, in quei 3 anni abbia cambiato 7 allenatori, per un totale di 11 volte, si riesce a comprendere anche che il giocatore non abbia potuto costruirsi adeguatamente a livello tattico, giovane com'era e con una conoscenza della lingua molto acerba. Neanche alla Fiorentina, con Montella e Sousa, si può chiaramente stabilire qual è il ruolo di Iličić, ed è l'Atalanta che secondo me ha trovato la risposta più adatta.
Nell'Atalanta lui ha il ruolo che gli va di avere. Lo vedi sulla fascia, al centro, in area e a centrocampo. Lo vedi ovunque, ovunque serva, mostra una mancanza di rispetto tale verso i precetti di Gasperini di ordine, che, paradossalmente, lo migliora, stabilisce un suo ordine che sempre lui può rompere con una bordata da fuori area sotto il sette. Iličić è il caos che porta con sé però un suo concetto di ordine proprietario, che non contrasta, ma si fonde con il gioco che gli si muove attorno. Anarchia è ordine, diceva Proudhon.
Un'ultima cosa su Iličić. Josip è uno dei calciatori che più di tutti non nasconde il suo essere un umano. Nelle sue interviste vedi che il suo volto esprime emozioni, a differenza di quello che ormai succede con altri grandi calciatori, che davanti alle telecamere diventano degli androidi che sembrano ripetere una decina di frasi che hanno nel database. Invece lui no, in tutte le interviste che sono riuscito a vedere, ho notato gli occhi di una persona felice, triste, spaventata, carica. Voleva solo essere una piccola postilla extra-calcistica, verso un uomo che negli ultimi mesi ha vissuto quasi un accadimento mediatico, tra ipotesi di depressione e altre malattie, che non meritava. I giornali forse avrebbero dovuto stare più rispettosamente in silenzio nel periodo in cui Iličić era tornato in Slovenia per problemi personali, o almeno questo è il mio parere. Ora è tornato a Bergamo e sono sicuro che la sua forma fisica non ancora smagliante non gli impedirà di regalarci anche in questa stagione, a quasi 33 anni, grandi giocate.
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