L'Arabia Saudita e le vecchie glorie: ha ragione Ceferin?
Nei giorni scorsi il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin, parlando al sito olandese Nos, ha espresso il proprio personae parere sulla questione Araba. Dalle parole di Ceferin s'intuisce al meglio la visione di partenza, senza dover leggere tra le righe: l’Arabia sta commettendo lo stesso errore della Cina, portare vecchi campioni che si avviano alla chiusura naturale della propria carriera per cercare di impreziosire i propri campionati, puntando su chi ha già mostrato il proprio talento sul palco del Vecchio Continente.
Ceferin ha consigliato di investire quella enorme quantità di denaro, con cui vengono letteralmente ricoperti d’oro i giocatori, a un livello diverso e più profondo: sulle proprie organizzazioni e sui settori giovanili, al fine di formare atleti e futuri tecnici che possano essere utili ad un progetto così ambizioso, anche a lungo termine. Si vorrebbe favorire insomma una partenza dal basso per gettare le fondamenta di un sistema che non può restare ancorato alle glorie del passato, a campioni che hanno ormai alle spalle i loro anni d'oro: la prospettiva, in sostanza, appare miope e ristretta nel tempo.
La risposta di Cristiano Ronaldo
Cristiano Ronaldo è arrivato in Arabia dopo aver vestito alcune delle divise più rappresentative di tutto il globo (Manchester United, Real Madrid e Juventus), un epilogo emerso dopo la nota diatriba con lo United, col graduale tramonto di tutte le ipotesi tirate in ballo per vederlo ancora in Europa. Al di là dell'esperienza sportiva e del mancato titolo con l'Al-Nassr, CR7 ha scelto di rispondere a Ceferin affermando che il calcio arabo viene “giudicato senza guardare le partite. Il campionato arabo è bello, i trasferimenti parlano da soli.” L’evidenza impone però una diversa considerazione: a rendere accattivanti i trasferimenti citati dal portoghese è più il peso dell’opulenza messa sul piatto dai club che non, effettivamente, il livello medio e di competizione espresso.
Definire bello un campionato che porta nei propri stadi dei campioni affermati è la strada più semplice e intuitiva ma, in fin dei conti, questo può portarci a vedere quel dato contesto sportivo come realmente ricco? L'Europa riesce ancora a collocarsi altrove, a prescindere dal richiamo economico, rispetto ad altre realtà "emergenti", che puntano alla resa immediata: un retaggio culturale che riesce a fare la differenza, anche al di là della potenza economica e dall'aggressività sul mercato in un determinato momento. La storia, senza poter essere comprata, può essere senz'altro scritta anche in contesti diversi ma, come minimo, occorre il tempo oltre all'ambizione: il proposito non si concilia con l'immediatezza, con un semplice automatismo.
L'input di Ceferin offre un grande spunto di riflessione sul futuro: che arrivino dalla Cina o dall’Arabia Saudita i contratti milionari restano una parentesi, una semplice parte del gioco, ma non costruiscono in sé le basi solide per il futuro. Per rendere il campionato saudita effettivamente competitivo con le grandi leghe europee, come nuovo centro del mondo calcistico, serve un piano di largo respiro, che parta dal basso: serve qualcosa, insomma, che sostenga a lungo termine quest'estate di follie di mercato.