L'enter(sport)ainment: la risposta del calcio ai cambiamenti portati dal digitale
Al giorno d'oggi considerare il calcio un semplice sport sarebbe sbagliato e riduttivo. Intorno al gioco del pallone gira infatti un business che di anno in anno, grazie alla complicità del digitale e delle nuove tecnologie, diventa sempre più ampio.
Social network, big data e intelligenza artificiale sono solo alcuni degli inediti strumenti messi a disposizione delle società calcistiche, che hanno ormai il compito di colonizzare mercati inesplorati e, al tempo stesso, far sentire ancora di più la vicinanza ai propri tifosi.
"La grande sfida non è tanto il cambiamento, quanto la sua gestione": così affermano Paolo Carito e Agostino Piacquadio nel loro libro "Sport, Intrattenimento e Digitalizzazione" (edito da Franco Angeli) che si prefigge di delineare quelli che sono i nuovi modelli di monetizzazione della sport industry e le best practice che gli addetti ai lavori devono seguire per sfruttare al massimo le potenzialità del digitale.
Carito e Piacquadio hanno alle spalle una lunga carriera nell'ambito del marketing sportivo e, forti della loro esperienza in materia, hanno ricostruito i numerosi cambiamenti che hanno investito il calcio (ma non solo) negli ultimi anni. Per approfondire i temi principali del loro libro, gli autori hanno rilasciato un'intervista a 90min; ecco le loro parole.
Com'è cambiato il calcio con l'avvento del digitale?
"Il calcio ha rivisto tutte le sue attività con l'avvento del digitale. Pensiamo a circa dieci anni fa, quando tutte le principali società sportive hanno iniziato a dotarsi di profili social tipo Twitter e Facebook. Lì è cambiato il modo di fare comunicazione. I post, i tweet, le stories hanno via via soppiantato strumenti più tradizionali come i comunicati stampa che continuano ad esistere ma hanno una rilevanza mediatica più bassa. Più recentemente, l'avvento di piattaforme come DAZN e Prime Video ha rivisto i canoni della fruizione dei match aprendo la strada al cosiddetto "everything everywhere". Ormai non si può più pensare al tifoso come un individuo che guarda il match seduto sul divano di fronte alla TV. Infine, da un lato più strettamente agonistico, il digitale sta influenzando i metodi di allenamento e preparazione dei match nonché pianificazione delle rose: pensiamo a figure come i match analyst, ai database e agli algoritmi utilizzati per lo scouting o alle app che aiutano i mister durante gli allenamenti, monitorando le performance di ogni singolo giocatore".
Quali sono le caratteristiche di un tifoso moderno e cosa possono fare i club per fidelizzarli?
"Il tifoso moderno probabilmente rispetto al passato ha un approccio diverso e una maniera diversa di seguire lo sport e il calcio. Sarà sempre più probabile, se non auspicabile, che la genesi del tifo non sia locale ma globale. Quindi è logicamente improbabile pensare che, ad esempio, un ragazzo che segue una squadra italiana dal sud-est asiatico possa andare a vedere un match con una certa frequenza. Bisogna fare sentire tutti i tifosi vicini attraverso i corretti canali di comunicazione, presidiare spazi che magari prima non esistevano o non si ritenevano cruciali (es. gaming) e stimolare sempre di più l'attenzione e la curiosità con l'obiettivo di seguirlo come in un percorso di "acquisto"; e assistenza al cliente di qualunque altro settore".
Quanto è importante per una società poter contare su uno stadio di proprietà?
"Avere uno stadio di proprietà vuol dire avere in primis un proprio asset e in quanto tale la risposta è quasi scontata. Uno stadio di proprietà è un'occasione di sponsorizzazione come ha fatto di recente il Barcellona [con Spotify ndr] o qualche anno fa la Juventus [con Allianz ndr]. È un'occasione di ulteriori fonti di ricavi in virtù di tutte le esperienze che magari è possibile realizzare, e non ultimo, se prendiamo ad esempio gli stadi di ultima generazione con i diversi negozi, bar e ristoranti che sorgono all'interno, sono un'occasione per coinvolgere le famiglie e persone che non seguono il calcio in maniera così viscerale e in quanto tale rappresentano un'ulteriore occasione di monetizzazione".
Cosa si intende e come si manifesta l'enter(sport)ainment?
"Enter(sport)ainment come suggerisce la parola è l'unione di sport e intrattenimento. Indica uno step evolutivo dello sport in cui diventa qualcosa in più di una performance sportiva fine a se stessa ma un elemento di intrattenimento a tutto tondo. Lo sport ingloba le caratteristiche del linguaggio televisivo e dell’entertainment in generale e, sulla spinta di questo, si pone l’obiettivo di diventare quanto più attrattivo e vicino a generazioni che si approcciano allo sport in maniera differente rispetto a 20-30 anni fa. In risposta a questa evoluzione, anche le società sportive ora non sono più delle organizzazioni con la finalità di eccellere e vincere nel proprio settore ma delle strutture che devono privilegiare al pari della performance sportiva la componente più spettacolare dello sport".
In che modo le nuove tecnologie, come l'IA, possono essere applicate al calcio?
"Il principale campo di applicazione è sicuramente quello del miglioramento della performance e ci sono già numerosi esempi nel mondo calcistico. Da anni, diversi coach e match analyst fanno uso dei cosiddetti big data, ossia elaborano dati sulle performance dei calciatori con l’ausilio di algoritmi informatici. In tempi non sospetti, il Liverpool ha dichiarato di aver utilizzato algoritmi informatici all’avanguardia che rilevano il rischio di lesioni e raccomandano azioni preventive tipo il "turnover"; o azioni più specifiche in allenamento. Uno degli scenari più probabili è che con il passare del tempo si diffonderà sempre di più qualcosa di simile a un assistente virtuale in grado di fornire dati in tempo reale al mister, proprio come avviene in alcuni videogame".
Cos'ha di diverso un ragazzo della Gen Z rispetto a un tifoso tradizionale e cosa si può fare per catturare l'interesse dei più giovani?
"Sicuramente la soglia dell'attenzione e l'approccio allo sport. Il tifoso di una ventina di anni fa viveva, a parità di età, l'informazione in maniera diversa e più lenta rispetto ad oggi. La Gen Z è la generazione del tempo reale, dell'istantaneità e della velocità. Sempre più spesso i giovanissimi sono annoiati dai match e preferiscono gli highlights. La parola d'ordine è sicuramente "intrattenere". Bisogna essere ovunque e sempre. Adottare (anche) i linguaggi comunicativi della Gen Z e credo che più di qualche squadra italiana si stia muovendo bene in particolare su TikTok ad esempio pubblicando subito video dei gol oppure facendo contest sulle migliori giocate del match. Se invece spostiamo il focus un po' più in alto, sicuramente in futuro ci sarà bisogno di rivedere qualche regolamento in nome dello "spettacolo" un po' come avvenuto in Formula Uno, che non a caso è lo sport che sta crescendo di più in termini di appassionati, ricavi e followers".