L'illusione del dominio e l'ambiguità dei dati: Fiorentina schiava del possesso?
- Cosa dice realmente il dato sul possesso palla insistito dei viola?
- Le due sfide con la Juve descrivono plasticamente il difetto della Fiorentina
- Il possesso sulla trequarti avversaria non si traduce in pericoli effettivi
C'è qualcosa di profondamente ambiguo e parziale nel concetto di possesso palla e nel ruolo, virtuoso oppure deleterio, che spesso assegniamo alle statistiche legate proprio ai momenti della partita (più o meno prolungati) in cui una squadra ha in mano il pallino del gioco, sviluppando fitte trame di passaggi e preferendo partire dal basso con la costruzione, senza cercare soluzioni affrettate. Un'ambiguità generata storicamente - è probabile - dal modo in cui un tecnico come Pep Guardiola (ai tempi del suo Barcellona) ha saputo assurgere al ruolo di "guru" del possesso, prima di sapersi anche reinventare in contesti calcistici diversi.
L'equazione che vede dunque associare possesso palla e dominio presenta, ora più che mai, paradossi e contraddizioni evidenti, aspetti che - nel contesto della Serie A - trovano una luce particolare osservando le faccende di casa Fiorentina, riferendosi sia all'attualità stretta che (più in senso lato) al percorso di Vincenzo Italiano. Un percorso, questo, spesso associato appunto al desiderio di controllare il gioco: se volessimo prendere la mera statistica del possesso palla negli ultimi tre anni, quelli appunto con Italiano in panchina, il dato sarebbe eloquente (e lo resta anche in questa stagione).
Possesso palla equivale a dominio?
Il presente però, considerando la sconfitta rimediata all'Allianz con la Juventus e lo 0-0 sul campo del Viktoria Plzen in Conference, sposta il piano del discorso e ci permette di capire - una volta per tutte - quanto possesso e dominio siano aspetti lontani tra loro (talvolta a braccetto, sì, ma non in maniera automatica). La sconfitta di misura rimediata ai viola all'Allianz, firmata da Gatti, ci descrive ancora una volta in modo plastico come un possesso totalmente sbilanciato da una parte (un incredibile 75% viola) non si rifletta sugli esiti del match e su quello che la partita ha effettivamente raccontato.
Allegri ha ricordato, del resto, come il primo tiro in porta della Fiorentina sia arrivato dopo il 60': già nella sfida d'andata al Franchi, vinta sempre per 1-0 dalla Juve, la situazione percorreva lo stesso binario e il dato del possesso raccontava una verità parziale. Accanto a un possesso stabilmente viola (68,5% all'andata, ben 75% al ritorno) il numero di tiri nello specchio della porta nelle due sfide appare speculare tra le due squadre, sottolineando poi come nel caso della Fiorentina emerga un'abissale differenza tra i tiri effettuati e quelli effettivamente pericolosi (o semplicemente indirizzati in porta).
Controllo apparente
Un aspetto che diventa ancora più lampante pensando al numero esponenziale di cross tentati dalla Fiorentina (quarta in Serie A per cross effettuati, fonte fbref.com) che non riescono però a tradursi in situazioni pericolose e in occasioni nitide: contro la Juventus, in particolare, la sensazione è sempre stata quella di traversoni innocui e incapaci di impensierire la retroguardia (nella sfida di andata in modo ancor più clamoroso). I numeri si riflettono sulle consuetudini e sul modo di attaccare, con soluzioni spesso ripetute e con modalità radicate in un DNA letto agevolmente dagli avversari.
In questo senso torna in ballo il dato del possesso palla come specchietto per le allodole, soprattutto riferendosi ai momenti in cui la squadra tiene palla sulla trequarti avversaria: un dato teoricamente "positivo" (la Fiorentina è terza in Serie A, appena dopo Napoli e Inter per tocchi sulla trequarti avversaria), che però a livello pratico non si tramuta in concretezza, rendendo ancora più chiaro quanto la radice dei problemi viola non sia da individuare in un approccio difensivo troppo spregiudicato (come spesso denunciato mediaticamente) ma nell'incapacità di fare quel "salto di qualità" nel possesso e di tornare a sorprendere l'avversario di turno.