L'inizio in salita della Fiorentina: quando le assenze sono davvero un alibi
Quando un tecnico si trova a dover rendere conto di quanto accade sul campo, quando in conferenza stampa o ai microfoni dei cronisti capita che debba "giustificare" un momento particolarmente critico della sua squadra, è pratica comune il ricorso consueti alibi di rito, a quei ritornelli che spesso suonano come forzati tentativi di nascondersi dietro a un dito.
Il fato avverso, il calendario troppo fitto, gli infortuni di giocatori chiave: tutte scusanti o comunque tutti appigli da tirare in ballo nel corso di una crisi di risultati. Non mancano però occasioni in cui simili alibi, soffermandosi in particolare sulle assenze e sugli infortuni, rappresentano un tema effettivo e non, semplicemente, l'ennesimo rifugio di chi non ammette un proprio limite.
Il caso della Fiorentina è fin qui emblematico e diventa logico dare il giusto valore alle assenze di Nico Gonzalez e di Nikola Milenkovic (rispettivamente il quarto e il secondo giocatore con più presenze della scorsa stagione). L'argentino ha collezionato appena 42 minuti in Serie A, riuscendo peraltro anche a trovare il gol (proprio al rientro, domenica scorsa) nonostante il minutaggio forzatamente ridotto.
Un problema al tallone che si è protratto oltre ogni attesa ha compromesso fin qui la stagione del giocatore più pagato di sempre dal club viola, di quello che - a tutti gli effetti - merita di essere considerato come un punto fermo di Italiano (al netto della sua celebre tendenza al turn-over).
Un esterno diverso
Perché un'assenza come quella di Gonzalez ha rappresentato un vero macigno per i viola? Come noto Italiano ama avere a disposizione esterni complementari tra loro, ciascuno con un bagaglio differente, in modo da variare soluzioni (tra esterni a piedi invertiti, chi ama accentrarsi e chi dialoga al meglio coi due esterni bassi).
Gonzalez in questo contesto rappresenta quell'esterno, in grado peraltro di giocare su entrambe le fasce, capace di rendersi minaccioso più degli altri dalle parti del portiere avversario: inserimenti coi tempi giusti, un ottimo sinistro e qualità nel gioco aereo che non rientrano certo nel bagaglio di Sottil, Ikoné e Saponara. Doti che Italiano ha provato in parte a ritrovare in Kouamé ma che in Gonzalez si esaltano, lasciando il segno, così come risulta strategica la capacità dell'argentino di conquistare punizioni in posizioni pericolose, saltando l'uomo e obbligandolo al fallo.
Un leader insostituibile
Per quanto riguarda Milenkovic parliamo di un pilastro difensivo dei viola e ormai di un punto fermo anche a livello di spogliatoio, considerando le tante voci di addio culminate poi un rinnovo che ha reso ancor più solido l'idillio. Il solo Biraghi lo scorso anno ha collezionato più minuti in campo ma, al di là del discorso numerico, è fondamentale l'impatto che Italiano ha saputo avere sul serbo, risultando decisivo nella scelta di prolungare ancora il rapporto col club nonostante le insistenti sirene di mercato.
La personalità di Milenkovic in uscita dalla difesa e la sua solidità non sono aspetti facilmente sostituibili, a maggior ragione considerando le lacune quantitative al centro della difesa e il mancato arrivo di un ulteriore centrale dopo l'addio di Nastasic. Martinez Quarta è tornato su livelli incoraggianti, nelle ultime uscite, ma è evidente che il peso specifico di Milenkovic per la retroguardia gigliata sia decisivo e che la continuità di rendimento del serbo sia superiore rispetto ai colleghi di reparto.
Non manca, accanto ai due punti fermi appena citato, un'altra assenza probabilmente sottovalutata: quella di Alfred Duncan. Un centrocampista che presenta caratteristiche diverse rispetto agli altri giocatori che Italiano alterna in qualità di mezzali: Bonaventura, Maleh e Barak - pur superiori tecnicamente - pagano qualcosa a livello di dinamismo e solidità, anche in fase di interdizione, rispetto all'ex Sassuolo che, del resto, nella scorsa stagione si è rivelato più che mai prezioso.
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