L'Inter 2023/24 ci indica un nuovo senso di dominio e di controllo
Nell'analisi e nella definizione a posteriori dell'evento sportivo si cercano, come un Sacro Graal, dati che possano esprimere in sé un senso di superiorità e di dominio: con tale intento anche la statistica, nel corso del tempo, ha saputo correggere il tiro, ha saputo individuare via via criteri e calcoli in grado di raccontare più fedelmente chi (in campo) arrivi davvero a meritare un successo.
Una ricerca che del resto si affianca all'eterno e talvolta sterile dibattito (buono spesso per gridarsi contro qualcosa) attorno ai giochisti e ai risultatisti: uno stantio avvicendarsi di idee di "bel gioco" opposte al primato del risultato come assoluto totem quando si parla di competizione sportiva. Estremi che fingono di dialogare, ideologie applicate al pallone che - di fatto - parlano più di chi le esprime che non del campo stesso.
Occorre però soffermarsi, appunto, su quel che accade in campo mentre tutti parlano, mentre altrove si fanno le crociate, e in tal senso esistono numeri che realmente aiutano: 12 punti in 4 partite, 13 gol segnati e un solo gol subito, la capacità inoltre di mandare in gol già 6 giocatori affiancata a una solidità difensiva invidiabile e per certi versi sorprendente.
Dominare senza il pallone
L'inizio di stagione dell'Inter ci consente realmente di fotografare una situazione di dominio e lo fa, però, utilizzando un linguaggio anche diverso rispetto a quello che a priori ci aspetteremmo: in tal senso è illuminante sottolineare come contro Monza, Fiorentina e Milan l'Inter abbia ottenuto il successo (in modo netto) pur risultando sotto a livello di possesso palla. Il rapporto tra il possesso palla nerazzurro e quello delle avversarie, infatti, è stato di 48-52 coi brianzoli, addirittura di 40-60 sia coi viola che nel derby vinto col Milan.
Le ultime due affermazioni, 4-0 con la Fiorentina e 5-1 col Milan, ci consegnano del resto copioni in qualche modo affini: da una parte una squadra prevedibile col pallone al piede, incapace di sorprendere pur tenendo spesso in mano il pallino del gioco, dall'altra parte una compagine - quella di Inzaghi - in grado di recuperare il pallone e di ripartire abbinando rapidità e lucidità in contropiede, come una macchina perfettamente oliata, annusando dove colpire per fare più male e approfittando così di ogni spazio lasciato.
Una macchina fin qui perfetta, quella nerazzurra, proprio grazie all'incrocio virtuoso tra cinismo e qualità, tra strapotere fisico e capacità di leggere le azioni anche (anzi soprattutto) quando il pallone lo controllano gli altri. Non sorprende dunque che, sia con la Fiorentina che nel derby, l'Inter abbia saputo azzannare l'avversario proprio nel momento in cui quest'ultimo sembrava stesse prendendo un po' di respiro.
Nobilitando il contropiede
Si tratta di momenti in cui, paradossalmente, l'Inter fa sì che l'avversario di turno si perda in una rete di passaggi (spesso in orizzontale) per proiettarsi poi furiosamente sull'immediata trasformazione dell'azione difensiva in azione offensiva, senza lasciare all'avversario tempo e modo per riorganizzarsi. Si arriva insomma, anche grazie al lavoro di Thuram e di Lautaro, a una versione nobile del buon vecchio e vituperato contropiede, di un dominio che non passa dalla prevedibile strada del possesso ma che sa andare oltre, risultando perciò davvero letale e meno leggibile.
Una menzione d'onore la merita appunto Thuram, legandosi al concetto di imprevedibilità: sulla carta poteva apparire utopistico reinventarsi senza due come Lukaku e Dzeko, in grado di condizionare profondamente il gioco delle squadre in cui militano, eppure il francese ha saputo regalare soluzioni fin qui inedite all'attacco, movimenti e idee che si conciliano in modo ancor più congeniale col lavoro svolto da Lautaro Martinez. La capacità di Thuram di svariare su tutto il fronte offensivo, la tecnica nella gestione dei palloni e l'intesa con Lautaro - andando ad approfittare degli spazi creati dal Toro - sta portando l'attacco nerazzurro su un livello inedito, inatteso dopo gli addii estivi.
Il nuovo volto dell'attacco è soltanto una delle mille facce di questo inedito senso di dominio, di questa partenza a razzo dei nerazzurri: ciò che di fatto ci rimane, alla luce delle ultime uscite, è l'impressione che, mentre gli altri giocano, l'Inter di Inzaghi sappia già dove andare a parare per distruggere ogni certezza altrui, per sgretolare ogni piano, per addentare esattamente nel momento in cui l'avversario inizia a sentirsi fuori pericolo.