L'uomo della 36ª giornata di Serie A: Ante Rebic, la rivincita sulla Serie A dell'attaccante multitasking
Dicono che il miglior modo per superare un problema sia non pensare che questo esista. Prima ancora di individuare la soluzione. Per questo uno dei meriti principali di Stefano Pioli nelle ore successive alla notizia che il campionato di Zlatan Ibrahimovic era terminato o quasi è stato quello di ignorare o quasi la situazione più ancora che elogiare le qualità di Ante Rebic, sostituto naturale dello svedese nel ruolo di punta unica del consolidato 4-2-3-1 dei rossoneri.
I risultati sono stati sotto gli occhi di tutti, perché il croato ha spaccato in due il Torino dopo aver finito la Juventus appena tre giorni prima. Secondo solo a Brahim Diaz nella top dei giocatori più determinanti delle 72 ore che, salvo sorprese, sono valse l’agnato ritorno in Champions League dopo sette anni di assenza, Rebic ha ormai chiuso i conti con quel campionato italiano che non aveva saputo capirlo ai tempi della Fiorentina e del Verona.
Grazie anche alla palestra svolta in Germania all’Eintracht Francoforte la Serie A ha riabbracciato un attaccante moderno nel senso più completo della parola, perché capace di interpretare più ruoli sul fronte d’attacco senza perdere in qualità e in intensità, visto che forza fisica in fase di non possesso è una qualità rara per un attaccante implacabile nella profondità e anche velocissimo. Proprio la prestazione contro il Torino lo ha dimostrato, visto le due gare in una che Ante ha saputo interpretare.
Al servizio della squadra per oltre un’ora, con un assist, per Theo Hernandez, e le giocate chiave per Castillejo in occasione del rigore e i passaggi smarcanti per Calabria e Kessié, non diventati gol per un soffio, a risultato acquisito ha pensato di mettersi in proprio, realizzando una tripletta nell’arco di 12 minuti. Certo contro una squadra in disarmo e ormai concentrata sulle prossime partite, ma resta un’impresa che ha pochi eguali anche nella storia di un club che di attaccanti di livello mondiale ne ha avuti molti.
Rebic non raggiungerà forse mai certi livelli, ma era esattamente il giocatore che serviva a questo Milan, proprio per la sua completezza che gli permette di agire in coppia o in alternativa ad Ibra così come nella batteria di trequartisti, a sinistra o tra le linee. Proprio come Brahim Diaz o Hakan Calhanoglu, visto che Pioli ha saputo costruire una squadra in grado di conquistare i risultati attraverso il bel gioco, ma mai fine a se stesso, e attraverso l’intercambiabilità degli interpreti. Il tris del “Grande Torino” gli ha permesso di superare la doppia cifra, eguagliando il numero di reti realizzato nello scorso, tormentato campionato.
Quello attuale non lo è stato da meno per colpa del brutto infortunio al braccio di inizio stagione, senza il quale avrebbe potuto sfruttare più e meglio le tante assenze di Ibrahimovic. Ma per un giocatore che è ormai nel gotha del calcio internazionale e che ha saputo raggiungere da protagonista la finale Mondiale con la Croazia, a 28 anni il prossimo traguardo si chiama debutto in Champions League. Con la squadra grazie alla quale ha sconfitto gli ultimi scettici in Italia e che grazie a lui ha sconfitto i fantasmi della tarda primavera.
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