La concorrenza, gli obiettivi e la scelta dell'Inter: Zielinski si racconta

Piotr Zielinski
Piotr Zielinski / Image Photo Agency/GettyImages
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L'Inter si è mossa con largo anticipo sul mercato per battere sul tempo la concorrenza e puntellare una rosa già di grandissimo livello. Tra gli acquisti messi a segno spicca senza dubbio Piotr Zielinski, polacco che ha detto addio al Napoli dopo 8 anni e che è sbarcato in nerazzurro a parametro zero. Nell'intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport, l'ex Empoli ha fatto il punto su questi primi giorni da giocatore interista e ha fissato anche gli obiettivi per la stagione che sta per cominciare.

I primi giorni interisti:
"I primi giorni sono stati un po' complessi, era tutto nuovo e poi non è facile cambiare dopo 8 anni. Ma devo dire che ogni giorno va sempre meglio, conosco un po' di più l'ambiente, che è sano e per questo è facile adattarsi. Prima di venire, avevo parlato con Arnautovic: gli ho chiesto consigli su tutto, aveva ragione a dire che mi sarei trovato bene subito".

Come è stato il primo impatto con Inzaghi?
"Ottimo, sia con lui che con lo staff, parliamo già molto. Rispetto al passato, devo lavorare in maniera diversa quando non abbiamo la palla, ma sono meccanismi che impari un po' alla volta. Non avevo mai fatto una preparazione così dura, ma è solo un bene: sono sicuro che vedrò gli effetti più avanti".

Perché ha scelto l'Inter? 
"Avevo altre possibilità, in Italia e all'estero. C'erano anche club disposti a pagare qualcosa a gennaio, ma guardando le qualità dei giocatori dell'Inter e il modo in cui venivano messi in campo da Inzaghi ho pensato che fosse il posto giusto. Ho scelto il progetto senza dubbi e ho aspettato".

Neanche l'Arabia l'ha fatta dubitare?
"Quando mi cercavano ci ho pensato un giorno o due, ma poi ho deciso con la mia famiglia di restare a Napoli: c'erano molti soldi in ballo, ma mi interessa più la vita. Ora non vedo l'ora di giocare a San Siro che è mitico: lì ho segnato in maglia azzurra, adesso voglio farlo in maglia nerazzurra".

Non è facilissimo, però, trovare spazio nel centrocampo nero e azzurro: ha visto l'ultima stagione di Frattesi?
"Il nostro è un centrocampo tra i migliori d'Europa. E adesso che sono arrivato io, è ancora più forte (ride, ndr). Scherzi a parte, quando giocavi contro questa mediana ti accorgevi subito di quanto fosse intensa, completa: appena perdevano palla, ti aggredivano. Per quanto riguarda la concorrenza, io spero di giocare più partite possibili, ma quello che conta è farsi trovare pronti perché il tuo momento prima o poi arriva...".

Lei cosa aggiunge al reparto?
"Le mie giocate, di qualità, ma anche esperienza perché a 30 anni qualcosa l'ho vista... Voglio dare all'Inter più gol e assist possibili".

C'è qualcosa che lega Inzaghi agli altri maestri italiani che ha avuto, da Sarri a Spalletti?
"Ci metto dentro anche Ancelotti. L'identità è simile, quella di giocare la palla, mantenere il possesso, creare occasioni. Un Dna che appartiene a questa Inter e apparteneva anche al Napoli".

Ma come si spiega l'ultimo naufragio napoletano? Qual è l'errore fatto dal Napoli nel post-scudetto che questa Inter non deve ripetere?
"La scorsa stagione negativa, semplicemente, non me la spiego. Non credo sia dipeso solo da noi giocatori, ma non riesco a capire il vero motivo per cui sia andato tutto così male. Diciamo che qua all'Inter c'è più abitudine alla vittoria, non c'è il rischio di farsi prendere troppo dall'entusiasmo e questo può aiutare nel ripetere grandi risultati. Attorno a me vedo solo una grandissima voglia di confermarsi".

Ma quale è l'obiettivo reale di questa squadra?
"Oltre allo scudetto, il sogno di tutti non può che essere la Champions. Non esiste niente di più grande per un giocatore, anche perché il Mondiale per club è ancora qualcosa di sconosciuto. Non è impossibile farcela per una squadra capace di arrivare fino alla finale e che possiede così tanta qualità".

L'Inter è la squadra più forte con cui ha giocato?
"Ancora presto per rispondere, ma di certo è fortissima: basti guardare a quanto sia stata superiore l'anno passato. Poi a quello scheletro vincente ci siamo aggiunti io, Taremi, Martinez... Non so se era meglio o peggio, ma anche il Napoli di Sarri che sfiorò lo scudetto e quello di Spalletti erano spettacolari. Per me, però, sono sempre più importanti i successi di domani rispetto a quelli di ieri".

Ha citato Taremi, ma che tipo è l'iraniano?
"Un tipo per bene. Educatissimo e tranquillo, ha la testa giusta del campione, è concentrato solo sul gol. La cosa che mi ha colpito, oltre al fisico e alla capacità di difendere la palla, è la sua freddezza. Quando arriva davanti la porta, la butta sempre dentro".

E invece dei compagni di centrocampo che dice?
"Calha è precisione pura, ma ciò che impressiona è la fase difensiva, l'aggressione, la corsa. Barella sa fare tutto alla perfezione e poi che intelligenza calcistica ha Mkhitaryan?!? Non è un caso che alla sua età sia ancora così in forma e che abbia giocato in tante grandi squadre. Uno così lo osservi per imparare".

Ecco, conferma che togliere spazio a quei tre non è facilissimo...
"Quest'anno ci saranno più partite, sarà lunghissima, ma ribadisco che io devo solo essere... caldo".

A proposito di Calha, ha il 20 che è sempre appartenuto a lei. Le dispiace cambiare numero?
"Mi sono sempre trovato bene, ma non è certo una ossessione. È giusto che resti ad Hakan, ho chiesto se il 7 era libero e poi me lo sono preso io. È un bel numero, lo usava mio padre e piaceva anche a mio fratello. Mi toccherà comprare diverse magliette da regalare...".

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