La difesa a tre è il peccato originale della Fiorentina di Palladino?
La Fiorentina di Raffaele Palladino, circondata dalla curiosità che si riserva e si deve ai nuovi progetti e alle realtà da scoprire, fin qui deve fare i conti con un dato oggettivo: non è ancora riuscita a conquistare una vittoria e, da ieri, non è più imbattuta. La sconfitta è arrivata su un campo difficile, paragonato a suo tempo e non a caso ad una visita dentistica, e non è in sé possibile oggetto di processo rivolto allo stesso Palladino o alla squadra ma - al contempo - il blackout totale che ha condotto dal 2-1 viola al micidiale uno-due di De Ketelaere e Lookman lascia l'amaro in bocca e disillude di fronte a quanto visto per lunghi tratti di un buon primo tempo.
Un processo prematuro
Ci sono però tracce, mediaticamente e rispetto alla piazza, del processo di cui sopra: sul banco degli imputati ci sono essenzialmente tre parti dell'universo gigliato. Da un lato proprio Palladino, poiché da che mondo è mondo l'allenatore è sistematicamente il primo a finire nell'occhio del ciclone, dall'altro i singoli componenti della difesa viola e, infine, chi ha condotto il mercato estivo, nello specifico Pradè. Esistono, come sempre, tracce di "colpevolezza" in ognuna delle componenti tirate in ballo ma al momento appare persino surreale il dibattito che si è venuto a creare attorno alla difesa a tre schierata da Palladino (gasperiniano della prima ora, solo sporadicamente affidatosi alla difesa a quattro ma generalmente fedele al 3-4-2-1).
Sorprende in primo luogo che si richieda uno stravolgimento tattico quando gli errori legati al blackout con la Dea, così come altri scivoloni visti fin qui, vivono ben al di là del tipo di soluzione adottata dal tecnico a livello di modulo. Errori individuali e non connessi soltanto alla difesa, situazioni che peraltro caratterizzavano i viola anche in tempi di 4-2-3-1 e che non rappresentano certo una prerogativa dell'attuale schieramento. Ciò che spiazza, riflettendo però su Palladino e sul lavoro estivo di Pradè, è la scelta di schierare oggi una difesa a tre con elementi adattati: solo Martinez Quarta ha nel DNA le caratteristiche per svolgere i compiti del terzo di destra, Ranieri non convince come centrale e come leader della retroguardia, Biraghi sta provando a limitare i danni come terzo di sinistra ma rimane comunque adattato.
Convinzioni e paradossi
Appare curioso che, con un allenatore fortemente intenzionato a schierare a tre la Fiorentina, si siano investiti 15 milioni su un Pongracic indicato spesso come alieno in questo specifico contesto di gioco. Un tema che stupisce ancor di più riflettendo sulla sinergia spesso rivendicata da Pradè: le decisioni non sono mai di un singolo ma vengono prese di concerto, in collaborazione, ha spesso spiegato l'uomo mercato viola. Viene da chiedersi perché Palladino, legittimamente fermo nella sua convinzione di giocare a tre dietro, non si affidi a Quarta, Pongracic e Ranieri nelle loro posizioni più congeniali e vada a rimescolare le carte in modo apparentemente "astratto" rispetto alle caratteristiche dei singoli. Una situazione che lascia quasi intendere che il lavoro svolto sul mercato lo soddisfi solo parzialmente.
Pongracic, per quanto disabituato a difendere a tre, appare dotato di caratteristiche fisiche e tecniche più adeguate per il ruolo rispetto a un Ranieri che - storicamente - è sempre stato un difensore adatto per giocare sulla sinistra (persino un quinto con propensione difensiva, prima degli ultimi anni con Italiano). Il peccato originale, insomma, non è tanto da individuare nella volontà di dare continuità al 3-4-2-1 (o al 3-5-2 visto a Bergamo) quanto nella forzatura di inserire elementi adattati in ruoli diversi da quelli apparentemente più confacenti alle loro qualità: l'auspicio è che le prossime sfide siano il giusto terreno per rimettere ordine in tal senso.