La fiducia di Palladino e i gol come conseguenza: la Fiorentina si gode il nuovo Kean
Si sottolineava, nel corso dell'estate, quanto l'assenza di gol nella stagione 2023/24 di Moise Kean potesse indurre a valutazioni superficiali o premature sul livello assoluto del calciatore: lo zero è un fardello pesante da portare, uno stigma vero e proprio quando si tratta di un attaccante, e riuscire ad emanciparsi dal riscontro dei numeri è una scalata impervia, persino fatale per chi non ritrova la strada.
L'inganno dei numeri
Succede però che la fiducia di un tecnico, la centralità in un progetto e la coerenza con un contesto tattico rendano i gol una conseguenza naturale più che una banale ossessione: l'inizio del 2024/25 di Kean, con la maglia della Fiorentina, racconta proprio un percorso simile e vede nei 4 gol realizzati in 7 presenze (tra Serie A e Conference) la punta dell'iceberg rispetto a un discorso più ampio e strutturato, le cui radici affondano persino nella stagione scorsa, quella degli zero gol con la Juve e del trasferimento saltato all'Atletico nella sessione invernale.
La sequenza di gol annullati, nel momento di maggior fiducia e maggior minutaggio offerto da Allegri, riassume efficacemente il senso dell'annata passata: tanti segnali incoraggianti, colti dall'ex tecnico della Juve e anche da Spalletti in Nazionale, ma la casella delle reti rimasta incredibilmente immobile, con tanto di due gol annullati nell'arco di una sola partita (col Verona). Generosità e abnegazione che tanto piacciono agli allenatori ma che, nella percezione esterna, rischiano di suonare come una misera pacca consolatoria sulle spalle: niente che soddisfi la voglia di gol, niente che resti sugli almanacchi o che infiammi una tifoseria nel corso del mercato.
Kean 2.0: non più in prova
Eppure, anche al di là dei gol ritrovati, nel Kean in versione viola si ritrovano le tracce di quella stessa generosità e di quella volontà di farsi carico della squadra: Palladino, in questo senso, ci ha visto lungo e ha individuato nell'ex bianconero un profilo ideale per il nuovo terminale offensivo gigliato, uno su cui valesse la pena investire al di là dei mugugni della piazza. Dopo anni di vuoto, riempito solo a sprazzi, l'attacco viola ritrova dunque un terminale offensivo su cui fare affidamento: ciò che ha sorpreso al di là della vena realizzativa ritrovata, anche nell'ultima partita con la Lazio si è visto, è la capacità di Kean di difendere il pallone e di far valere il fisico, aiutando la squadra anche in fase di non possesso, palesando una condizione atletica superiore alle più rosee aspettative.
La fiducia del tecnico e quella di un ambiente pronto a incoraggiarlo hanno reso Kean l'espressione concreta, finalmente, di ciò che per troppo tempo era rimasto soltanto ipotetico, sospeso, come suggestione su un domani da big che non trovava mai conferma con continuità. La narrazione sul Kean che non segna, con tanto di aneddoto (del tutto pretestuoso) sulla scarsa mira in un gioco estivo durante il ritiro viola, trova dunque modo di tramutarsi in altro: in questo senso, ed è l'incastro ideale, le esigenze di squadra si intrecciano alla perfezione con quelle di chi - a lungo - è rimasto semplicemente "in prova", eternamente precario in contesti che, con le loro pressioni, finiscono talvolta per inghiottire il talento anziché esaltarlo.