La Fiorentina e il nodo centravanti: spendere per spendere non servirà
Proprio come un anno fa, seppure per ragioni ben diverse, la Fiorentina si ritrova a vivere un gennaio diviso tra campo e mercato, sempre col tarlo dell'attaccante giusto da individuare e ancora una volta con la necessità di riempire un vuoto (pur partendo da presupposti lontani da quelli del gennaio 2022).
Un anno fa appunto, proprio di questi tempi, la Fiorentina si preparava a cedere Dusan Vlahovic alla Juventus e - di fatto - tracciava la strada che avrebbe poi portato all'arrivo di Arthur Cabral (dopo aver già prelevato Piatek in prestito dall'Hertha).
In quel frangente la società gigliata e Italiano sapevano fin troppo bene di dover rinunciare a un ingranaggio cardine, a un vero e proprio perno di una squadra tornata a giocare per posizioni di vertice dopo stagioni vissute nell'anonimato.
Orfani di Vlahovic
Vlahovic, nella prima parte di stagione in viola, riuscì a incantare sia dal punto di vista realizzativo che per capacità di comprendere al meglio le dinamiche auspicate da Italiano, svolgendo cioè anche il ruolo di punta su cui appoggiarsi per sviluppare le trame di gioco, individuando giuste soluzioni per favorire gli esterni offensivi e l'inserimento delle mezzali nel 4-3-3 (allora marchio di fabbrica del tecnico viola).
Un meccanismo virtuoso che Vlahovic non ha saputo portare nella sua nuova vita, quella in bianconero, e che la Fiorentina non ha saputo ricreare con Cabral e poi con Luka Jovic, attaccanti dalle caratteristiche diverse da Vlahovic e meno funzionali a un certo tipo di proposta.
Un insegnamento che, però, può derivare dall'intera vicenda che portò proprio all'esplosione di Vlahovic riguarda l'esigenza di aspettare con fiducia e di non sposare la logica del continuo avvicendamento: il 2000 serbo, una volta liberato dal giogo della continua alternanza, riuscì infatti a caricarsi la squadra sulle spalle e a diventare finalmente quel giocatore che tutti speravano di ammirare, fin dall'arrivo dal Partizan.
A caccia di continuità
Cabral e Jovic, per discontinuità di rendimento e per problemi di natura fisica, si trovano dunque immersi in una situazione di fisiologico turn-over, si trovano a muoversi su di un piano traballante e mai realmente stabile.
L'infortunio di Cabral ha interrotto, proprio nel momento del riscatto sancito dal gran gol col Monza, quel meccanismo virtuoso necessario per imporsi e per non trovarsi nella costante urgenza di dover dimostrare tutto, ripartendo ogni volta da capo.
L'interrogativo sulla necessità di acquistare una nuova punta dipende sostanzialmente da due principi cardine: il primo riguarda appunto Cabral e la necessità di aspettarlo, senza darlo definitivamente per perso, il secondo si lega invece alla natura deleteria di acquisti condotti per il mero gusto di comprare, di fare numero.
Il mercato è la strada giusta?
Esiste la possibilità di portare in viola un elemento che faccia la differenza fin da subito, che non debba dimostrare costantemente di valere? Solo in questo caso varrà la pena portare un volto nuovo agli ordini di Italiano, considerando peraltro in alternativa la possibilità di valutare Nico Gonzalez come prima punta (più di Kouamé) qualora l'assenza di Cabral si protraesse a lungo.
L'argentino è, di fatto, un esterno offensivo atipico e tende in modo naturale ad attaccare la porta, da punta vera e propria, forte peraltro di un buono stacco e di doti atletiche adeguate. Solo un calciatore capace già di arrivare in doppia cifra in Serie A, con la giusta esperienza per rendere subito al meglio, giustificherebbe una mossa di Pradè e degli uomini mercato: la candidatura di Andrea Belotti potrebbe essere quella giusta, senza invece farsi tentare dall'auspicio dell'acquisto fine a se stesso, di una nuova figurina da aggiungere a quelle già in rosa.