La flop 5 dei calciatori dell'11ª giornata di Serie A
La stanchezza delle partite di Coppa? Non è certo questo l'alibi cui possono aggrapparsi i protagonisti in negativo dell'undicesima di Serie A, perché tra Champions ed Europa League molti dei peggiori del turno o appartengono a squadra che non hanno impegni europei oppure in Coppa non hanno giocato proprio o lo hanno fatto pochissimo. Classica giornata storta, allora? Vero anche questo solo in parte e allora attenzione a non concedere pericolosi bis nelle ultime partite del 2020, perché il mercato di gennaio è alle porte e pur con pochi fondi a disposizione per quasi tutti i club non si escludono sorprese...
1. Ante Rebic (Milan)
Mettere il piede nell'azione del 2-2 non può bastare per salvare la serata del croato, protagonista di una brutta stecca nella serata più importante tra quelle senza Ibrahimovic. In casa contro un avversario andato subito in vantaggio e assai difficile da perforare, l'ex Eintracht torna il brutto anatroccolo delle prime partite in rossonero, confermando il trend dell'inizio dell'attuale stagione. Il gran movimento sull'arco offensivo, le giocate di qualità e gli assist che lo avevano reso protagonista sul finire del campionato scorso sono evaporati. Non crea mai pericoli per la difesa del Parma finendo anche per perdere fiducia nel corso della gara.
2. Jacopo Sala (Spezia)
Difficile scegliere un peggiore nella difesa degli Aquilotti. La squadra di Italiano ha confermato di non essere pronta per la Serie A se non gioca con la fame e l’organizzazione vista in diverse partite, così a Crotone arriva la peggior prestazione stagionale. La barca nel primo tempo aveva retto, ma inserendo l’ex Verona e Sampdoria al posto di Ferrer già ammonito il tecnico aveva cercato di evitare inferiorità numerica e ottenere più spinta. E invece i risultati sono stati anche peggiori: Reca è in crescita, ma non certo il miglior esterno del campionato, eppure lo spezzino gli fa fare un figurone. Poi il crollo su terzo e quarto gol. Peggior partita della carriera.
3. Lukas Haraslin (Sasssuolo)
Il volto è da ragazzino, ma lo slovacco, tornato in Italia a gennaio dopo i primissimi passi al Parma, ha alle spalle oltre 100 partite con il Lech Poznan. De Zerbi gli sta dando fiducia complice l’emergenza in attacco, ma questa volta la tradisce. Contro il Benevento largo a sinistra nel 4-2-3-1 non ne imbrocca una in nessuna delle due fasi: testardo negli uno contro uno che regolarmente non riescono, in ripiegamento è un pesce fuor d’acqua e il fallaccio su Letizia che lo manda sotto la doccia a inizio ripresa condanna i compagni a un secondo tempo di pura sofferenza.
4. Stefan Radu (Lazio)
No, per lui non vale l’alibi della stanchezza da Champions League, avendo disputato una sola partita, l’ultima contro il Bruges, peraltro la prima della carriera nella competizione playoff esclusi. Inzaghi si era aggrappato anche alla sua esperienza per salvare la pelle contro il Verona con una rosa ridotta all’osso dopo il quasi miracolo della qualificazione agli ottavi, ma il rumeno tradisce miseramente la fiducia riposta risultando il peggiore di una difesa più che rabberciata. L’errore nel retropassaggio che costa la sconfitta non è certo scusabile con il modesto pressing, non falloso, di Tameze, né con la fatica per il doppio impegno ravvicinato.
5. Lorenzo De Silvestri (Bologna)
L’ennesima giornata da dimenticare della difesa rossoblù, a porta aperta per la decima partita su undici, arriva una settimana dopo la serata da incubo vissuta a Milano da Tomiyasu. Il giapponese si ripete in peggio pure contro la Roma, ma sulla stessa falsa riga c’è l’ex torinista, letteralmente piallato dagli avversari che capitano nella sua zona. Non solo l’imprendibile Spinazzola, ma pure Mkhitaryan scherzano l’esterno destro di Mihajlovic. Il tecnico serbo ha pure le sue colpe per l’atteggiamento generale di squadra, troppo offensivo, e per una fase difensiva a dir poco approssimativa, ma la sensazione che il crepuscolo della carriera non sia lontanissimo si fa largo.
6. Allenatore: Cesare Prandelli (Fiorentina)
Le prossime partite contro Sassuolo e Verona, prima della trasferta contro la Juventus, saranno sicuramente importanti per il futuro a medio termine dei viola, ma dare per persa la gara contro un’Atalanta stanca dopo la Champions e non proprio nel momento migliore a livello ambientale non è parsa la migliore delle idee. Dopo il timido passo avanti nel secondo tempo contro il Genoa i gigliati tornano pesantemente indietro, complici anche le scelte dell’allenatore che manda in campo un 3-5-2 che è di fatto un 3-6-1 escludendo Callejon e Ribery. Un’accozzaglia di centrali difensivi e centrocampisti offensivi non adeguata all’impostazione prettamente difensiva avuta dalla squadra, che ha rischiato di tornare da Bergamo con un passivo umiliante.