La flop 5 dei calciatori dell'8ª giornata di Serie A
Se si vince anche con in panchina il vice del vice allenatore chissà che non sia davvero l'anno buono... A dieci anni dall'ultimo scudetto in casa Milan si prova a guardare al presente sia per godersi una classifica che sa di passato, sia perché nessuno conosce il futuro. A Napoli arriva una prova di forza forse inattesa, il tutto davanti al grande ex Rino Gattuso, che incassa la seconda sconfitta casalinga consecutiva e che viene tradito dall'... amico-nemico Bakayoko, il cui cartellino rosso spiana la strada ai rossoneri insieme agli errori di Di Lorenzo. Napoli ridimensionato? Forse, così come un'Atalanta troppo spenta per essere vera. Ringhio e Gasp facciano attenzione, perché là in alto si sono messi a correre...
1. Tiémoué Bakayoko (Napoli)
Sentiva la partita al pari di Gattuso, ma chi va in campo, si sa, deve saper incanalare la rabbia nel modo giusto. Il francese invece mostra il lato peggiore di sé, quello che al Milan conoscono bene e che a Napoli non si era ancora visto. Falloso tecnicamente e a livello comportamentale, non sa contenere la furia da ammonito abbattendo Hernandez e di fatto condannando i compagni ad una sconfitta pesante. Nullo anche in fase di costruzione e di filtro.
2. Alejandro Gomez (Atalanta)
Vero che forse aveva abituato tutti troppo bene, ma il vero Papu non può essere quello visto nel grigio pomeriggio romagnolo, dove basta la guardia del semi-debuttante Ricci per mettergli la museruola e spegnerne l’inventiva. Giocare lontano dalla porta è ormai una consuetudine per l’argentino, ma nella prevedibilità delle sue giocate c’è tutta quella di una squadra che sembra caduta in un torpore che fa rima con imborghesimento.
3. Christian Kouamé (Fiorentina)
Non pervenuto insieme a tutto il reparto offensivo di una squadra parsa frastornata, invece che rinfrancata, dal cambio di guida tecnica. Confinato a destra nel 4-2-3-1 l’ex genoano è un pesce fuor d’acqua, ma ci mette molto poco del proprio per far valere le proprie qualità tecniche e atletiche. E visto l’infortunio di Ribery ce ne sarebbe stato molto bisogno…
4. Yordan Osorio (Parma)
A 26 anni nel suo curriculum ci sono anche squadre come Porto e Zenit, nelle quali però ha giocato pochissimo. Il perché lo si capisce nel pomeriggio dell’Olimpico, dove il venezuelano cancella le buone impressioni destate all’esordio in Serie A. Mayoral e Mkhitaryan lo scherzano letteralmente, facendogli girare la testa e facendo comparire e scomparire il pallone a piacimento. Dovrebbe essere il riferimento centrale della difesa a tre di Liverani, invece fa acqua da tutte le parti, anche in impostazione.
5. Vasco Regini (Sampdoria)
In campo al posto di Augello dopo aver giocato appena sei minuti in stagione, il prodotto del vivaio blucerchiato mostra tutti i segni della lunga assenza dal campo, ma forse anche quelli psicologici per un momento delicato della carriera. Gioca poco più di un tempo, che si trasforma però in un incubo: l’autorete non è solo sfortuna, ma anche deconcentrazione, la stessa che lo porta a perdersi lo stacco di Orsolini nell’azione che decide la partita. Manca anche in fase di spinta.
6. Allenatore: Cesare Prandelli (Fiorentina)
Era difficile immaginare un esordio peggiore. Opposto a una neopromossa reduce da cinque sconfitte consecutive, il calendario sembrava dare una mano all’idolo del popolo viola, che però stecca clamorosamente, ritrovandosi vittima dei limiti strutturali della squadra in attacco che avevano contribuito ad affossare Iachini. Il tutto condito con un assetto tattico più che discutibile, che imprigiona le caratteristiche di Koaumé e pure di Castrovilli e del tutto privo di qualità in fase di costruzione. Qualcosa di meglio si è visto nel secondo tempo con il 4-3-1-2, ma il lavoro da fare è tanto e l’entusiasmo e le emozioni non possono bastare