La flop 5 dei calciatori della 9ª giornata di Serie A
È una flop 5 piena di giocatori di fantasia quella della nona giornata. Stelle di varia grandezza e leader tecnici delle rispettive squadre finiscono nell’occhio del ciclone proprio per l’incapacità di trascinare i compagni in partite dal vario grado di difficoltà. È proprio vero che quando non si accende la luce sulla trequarti o poco più avanti, le differenze di valori tecnici con avversari anche inferiori sul piano tecnico si appiattiscono. E se poi, in qualche caso, ci si mettono pure i portieri i risultati sorprendenti sono dietro l’angolo...
1. Paulo Dybala (Juventus)
Di buono c’è solo che gioca per 90 minuti, ma si tratta di una licenza concessa da Pirlo, anche a causa delle poche alternative in attacco. Del resto, tra la Joya e Chiesa c’era l’imbarazzo della scelta per capire chi sostituire. Dal punto di vista della condizione si notano timidi segnali di miglioramento, ma il resto è da dimenticare, dall’incapacità di prendere per mano la squadra nel primo e soprattutto nel secondo tempo agli errori ripetuti sottoporta e in momenti determinanti della partita, in particolare nel finale. Il tunnel non è ancora stato percorso per intero.
2. Antonio Mirante (Roma)
Dopo aver strappato il posto a Pau Lopez aveva dichiarato tutta la propria sorpresa e di dover sempre dimostrare. Nel “derby” contro il Napoli, però, l’ex juventino, stabiese doc, stecca di brutto. Grave l’errore di posizionamento sulla punizione di Insigne, è goffo anche sul terzo gol che chiude definitivamente la partita. In mezzo fa anche cose buone, come la parata su Mertens, ma vista la nullità di serata della squadra in attacco gli errori sono esiziali.
3. Luis Alberto (Lazio)
Se dopo un lungo infortunio capita di giocare molto bene la prima partita e di subire un calo in quelle successive, lo spagnolo va incontro al medesimo destino dopo il polverone sollevato dalle sue critiche sull’aereo della squadra. Bene a Cagliari e in Champions, male male contro l’Udinese, nella partita dove forse sarebbe servito di più il suo talento contro un avversario così ostico. Invece sembra svogliato e non riesce a far girare né il pallone, né i compagni attraverso le sue proverbiali verticalizzazioni. Fa troppo poco per liberarsi dalla morsa degli avversari per pensare che non abbia risentito delle ultime polemiche.
4. Franck Ribery (Fiorentina)
Le “nominations” per individuare il peggiore della Viola a San Siro erano tante. Da Pulgar a Castrovilli, fino allo stesso Prandelli. I viola sembrano avviarsi ad un’altra stagione di sofferenza nonostante il cambio in panchina e la colpa non è solo dell’assenza di un bomber. La prova del francese contro il Milan può essere presa ad esempio. Poco più di un anno fa incantò proprio sul campo dei rossoneri, ora l’ex Bayern sbaglia tutto, non solo due occasioni facili facili. Sembra il primo a non credere (più) nel progetto, ma senza la sua classe il campionato rischia di prendere una brutta piega.
5. Josip Ilicic (Atalanta)
I blackout della Dea in campionato ormai non si contano più. Ok, l’allievo Juric ha dimostrato di sapere bene come affondare il maestro Gasperini, ma oltre a un evidente calo generale d’intensità i nerazzurri stanno mancando nei giocatori più rappresentativi. Contro l’Hellas vanno male un po’ tutti, da uno Zapata scarico fino, soprattutto, allo sloveno. La rondine di Anfield non fa primavera, l’ex Fiorentina è ancora lontano dagli standard migliori, sia in fase di finalizzazione che in quella di rifinitura, dove si intestardisce troppo spesso nel cercare le giocate più difficili, oltre che prevedibili.
6. Allenatore: Andrea Pirlo (Juventus)
Il secondo pareggio su tre sfide contro le neopromosse lo condanna per la scelta di rinunciare a Cristiano Ronaldo, che scelta non sembra essere stata visto che è stato tutto concordato con il diretto interessato. I problemi, tuttavia, al netto degli infortuni, sembrano essere altri, a partire dalla mancanza di un gioco riconoscibile, dalla scelta del modulo di gioco e soprattutto l’assenza di cattiveria agonistica e di concentrazione. Subito il solito gol allo scadere del primo tempo i bianconeri si appiattiscono nella ripresa, invece che ruggire. Dura la vita dell’allenatore, pur se predestinato.