Da 'It's coming home' a 'It's coming Rome': la lezione dell'Italia di Mancini all'Inghilterra e agli inglesi
Titoli di giornali che celebravano in anticipo la grande notte in arrivo, commenti sicuri e senza mezzi termini negli studi televisivi o sui social. Feste e disordini nel centro di Londra già prima del fischio d'inizio, tatuaggi celebrativi a tema postati senza paura, il motto "it's coming home" ripetuto fino alla nausea. Alla fine il silenzio, la delusione. Le medaglie tolte dal collo, Wembley che si svuota in anticipo prima della premiazione. E l'Italia che nel mentre fa festa e riporta a casa un Europeo che mancava dal 1968.
Se da una parte l'esaltazione dei singoli e la smisurata fiducia in se stessi ha tradito l'Inghilterra, dall'altra parte la forza del gruppo e la fame di affermazione hanno invece premiato il mondo azzurro, sostenuto da gran parte dell'Europa per un'impresa che all'inizio della competizione sembrava impossibile ma che alla fine è stata compiuta. Con merito.
Decisivo il lavoro di Roberto Mancini, sia sul piano tattico che su quello mentale: il ct ha forgiato un gruppo nuovo, gli ha dato una mentalità vincente e un senso di appartenenza che non si vedevano da anni. Anche grazie alla presenza di uomini veri come Gianluca Vialli e Lele Oriali.
Le difficoltà ci son state, come è normale succeda in ogni percorso sportivo o della vita di tutti i giorni. Ma son state superate, tutti assieme. Perché l'unione fa la forza, e l'Italia di Mancini ne ha dato dimostrazione. Dando un esempio agli italiani e una lezione agli inglesi.
La coppa 'It's coming... Rome'. Voi state pure a casa.