La Nazionale come rampa di lancio: meccanismo virtuoso o brutto segno?
Archiviate le prime quattro partite di Nations League, per i giocatori della Nazionale è arrivato il tempo di andare in vacanza, mentre per gli addetti ai lavori è tempo di riflessione. Dalle gare con Germania, Inghilterra e Ungheria tutti si aspettavano un segnale netto di ripresa dopo la debacle Mondiale, ma gli Azzurri hanno avuto un andamento troppo altalenante per farci sperare in un futuro più roseo di questo presente.
Nelle sfide contro Germania, Inghilterra e Ungheria sono anche arrivate delle prestazioni positive, però il 5-2 nella seconda gara con i tedeschi ha nuovamente messo tutto in discussione e adesso a tenere banco è soprattutto il tema sull'effettivo valore dei nostri giovani.
In Nations League, Roberto Mancini ne ha fatti esordire 10 (il totale degli esordienti è di 12, ma Caprari e Luiz Felipe sono già più avanti negli anni) e, salvo Gnonto che è salito agli onori della cronaca per l'assist con l'Inghilterra e il gol alla Germania, nessuno si è distinto particolarmente.
Per il commissario tecnico non sono mesi facili da quanto l'Italia non si è qualificata a Qatar 2022 e diversi tifosi gli criticano in particolare un'abitudine: quella di convocare e perfino far giocare dei ragazzi che non hanno esperienza in Serie A.
In principio fu Zaniolo
Il primo giocatore di questa strategia tutta manciniana è Nicolò Zaniolo che nel 2018 viene aggregato alla nazionale maggiore per disputare la Nations League. Il classe '99 è sbarcato a Roma da pochi mesi nel tanto discusso scambio che ha portato Nainggolan all'Inter e non ha ancora giocato una partita con la maglia giallorossa. Il CT ne intravede però il potenziale e lo esalta pubblicamente, tanto da indurre Eusebio Di Francesco a farlo esordire al Bernabeu contro il Real Madrid, in un match valido per i gironi di Champions League.
Nel caso di Zaniolo, la chiamata in azzurro è servita come trampolino di lancio per un talento che altrimenti difficilmente sarebbe sbocciato così presto. Magari la Roma aveva già in mente di schierarlo con più continuità, ma magari poteva anche pensare di mandarlo in prestito. La Nazionale ha accelerato la sua consacrazione.
Dimostrazione di coraggio o segno di un sistema allo sbando?
Dopo essere salita sul trono d'Europa in una notte estiva di Londra, l'Italia è precipitata velocemente verso uno dei periodi più difficili della sua storia calcistica. Evidentemente Mancini ha pagato a caro prezzo l'eccessiva fiducia riposta in un gruppo che al momento degli spareggi non era in condizione di fare la differenza, ma non sarebbe corretto considerarlo un commissario tecnico poco aperto a nuove soluzioni.
Da quando ha assunto la carica di selezionatore, ha fatto esordire 50 giocatori. Di coraggio Roberto Mancini ne ha da vendere, solo che gli è mancato in un momento cruciale, quando nel match contro la Macedonia del Nord avrebbe dovuto adottare soluzioni alternative.
Adesso sta provando a rifarsi dando spazio anche a quei giovani che non trovano abbastanza fiducia nel loro club, che non hanno ancora esordito in Serie A e che sono stati invece mandati in Serie B a "farsi le ossa". Convocandoli in azzurro, Mancini vuole dimostrare a queste società che hanno a disposizione dei giocatori interessanti e che per risollevare il movimento del Paese bisogna dar loro spazio.
Oppure, e a questo punto lo scenario sarebbe ancora più tragico, la scelta del CT di rivolgersi a calciatori così inesperti è un segnale di allarme, di un sistema che non gli mette a disposizione giocatori già fatti e finiti, ma che lo costringe ad appellarsi a campionati o serie minori pur di portare un po' d'aria fresca a Coverciano.
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