La Serie A e l'attacco dell'Italia: segnali incoraggianti per Spalletti
Tra i tanti temi di discussione attorno alla Nazionale italiana quello dell'attacco, con particolare riferimento al nodo centravanti, è sicuramente uno dei più divisivi, in grado di attrarre - non da oggi - attenzioni, input di cambiamento discordanti tra loro, nomi e opinioni differenti sul candidato ideale per il ruolo di nove del futuro. Si tratta di una questione accentratrice per sua natura, sia per una forza evocativa indubbia del ruolo in sé, che per spiegarsi - anche superficialmente - le difficoltà vissute nel recente passato da una Nazionale che (dopo l'Europeo vinto a Wembley) ha dato spesso l'impressione di essere in cerca di sé, a metà tra passato e futuro, tra la fine di un ciclo (vera o apparente) e la necessità di iniziarne con coraggio uno nuovo.
A caccia di certezze
Il nome di Ciro Immobile, in questo senso, diventa a sua volta un cardine, un punto di partenza: spesso criticato e messo in discussione - nel contesto azzurro - il prolifico attaccante biancoceleste appare da tempo fuori dalle proiezioni future di tifosi e addetti ai lavori, mentre immaginano l'attacco di domani. La fascia di capitano assegnata a Immobile da Spalletti, contro la Macedonia a settembre, non può dunque impedirci di tracciare prospettive diverse per l'assetto dell'attacco azzurro nei prossimi mesi e addirittura nei prossimi anni, seguendo le indicazioni di Spalletti (sia quelle dichiarate che quelle poi messe in campo, nel concreto).
Il percorso di qualificazione a Euro 2024, traguardo ancora da raggiungere per l'Italia, ha reso ancor più chiaro come Spalletti stia giustamente prendendo le misure per capire quale dovrà essere l'attacco su cui puntare con stabilità: nelle quattro partite disputate con l'ex Napoli in panchina, infatti, l'Italia non ha mai avuto lo stesso tridente e ha cambiato tre centravanti, puntando prima su Immobile, poi su Raspadori (due volte) e infine su Scamacca contro l'Inghilterra. Non esistono dunque gerarchie definite a priori, pensando anche a un Kean in crescita (il bianconero è stato comunque utilizzato più largo a sinistra, con Raspadori in mezzo, contro Malta).
Il centravanti ideale: parole profetiche
C'è dunque spazio per emergere e per trovare continuità a suon di prestazioni, senza una gerarchia granitica, ma cosa ha lasciato intendere Spalletti a parole? In linea di principio ha sottolineato l'esigenza di unire doti fisiche, considerando anche un peso centrale dei calci piazzati e dell'abilità nel gioco aereo, a qualità tecniche. "Scamacca è forse un po' più pulito tecnicamente, come tocco di palla e qualità nello stretto. Kean è uno più fisico, più massiccio dal punto di vista d'impatto, di copertura di campo e di metri" ha sottolineato Spalletti stesso a inizio ottobre, parlando della propria idea di centravanti ideale e rapportandola ai calciatori presi in considerazione.
E poi c'è Raspadori: "Raspadori ha tutte e due le cose degli altri, gli manca probabilmente un po' d'altezza per la palla buttata perché poi molte partite si vincono sui piazzati, sui colpi di testa, quando le squadre si mettono col blocco difensivo basso. Lui ha tecnica da vendere, destro e sinistra, inventiva e imbucate, è un centravanti con altre caratteristiche può giocare anche con un altro centravanti". In sostanza non esistono certezze granitiche di partenza, basti pensare all'assetto con Raspadori al centro e Kean largo a sinistra, ma c'è necessità di capire chi darà maggiori garanzie unendo doti fisiche, atletiche e tecniche, senza sottovalutare le giuste motivazioni e il peso dei comportamenti (spesso ribadito dal CT).
Dopo quelle parole, rilasciate il 9 ottobre scorso, sono arrivati segnali più che confortanti dalla Serie A, pensando proprio ai tre protagonisti citati in quella conferenza stampa. Scamacca ha collezionato 3 gol e un assist, Raspadori ha sostituito Osimhen in modo più che degno raccogliendo un assist e 2 gol, Kean infine non ha trovato la via del gol (al netto delle reti annullate) ma ha giocato con continuità e ha fornito prestazioni incoraggianti (soprattutto sul fronte della mentalità e dell'abnegazione).
Appare chiaro come Scamacca e Raspadori siano stati fin qui i due, a suon di gol e di giocate, a richiamare l'attenzione di Spalletti: il primo ha deciso la sfida di Empoli con un colpo di tacco, un assist e un destro velenoso, il secondo ha dimostrato eccellenti doti anche a prescindere dalla tecnica nello stretto e dalla consueta qualità di palleggio, da vera e propria prima punta (doti impreziosite poi dal primo gol su punizione diretta in questa Serie A).
Scamacca-Raspadori: insieme in azzurro?
Dalla carenza all'abbondanza, dunque, con un quesito non da poco: è possibile immaginare - in un 4-3-3 che può essere considerato come una certezza per Spalletti - la convivenza di Raspadori e di Scamacca? La risposta può essere affermativa, anche al di là delle parole di Spalletti, per due ragioni distinte: da un lato i due hanno già giocato insieme a Sassuolo (nella loro miglior stagione a livello personale, 2021/22) e d'altro canto il CT azzurro ha dimostrato, fin qui, di puntare su esterni offensivi con caratteristiche ogni volta diverse e intercambiabili (da Politano a Berardi passando per El Shaarawy, Zaccagni e Zaniolo). Una varietà tale da non rendere peregrina e irrealizzabile l'idea di Rasdpadori a sinistra, Scamacca al centro e una delle tante possibilità già citate (con in più Chiesa) a destra.
Esiste poi, come accennato, il conforto del passato e dei trascorsi in neroverde: nella stagione 2021/22, con Dionisi in panchina, sia Scamacca che Raspadori hanno vissuto momenti da incorniciare. Il primo ha raggiunto quota 16 gol in Serie A, il secondo - agendo alle spalle di Scamacca o come ala sinistra - ha raccolto 10 gol e 6 assist. Le risposte sul campo, con Atalanta e Napoli e dunque su scenari di primo piano, e il precedente vissuto a Sassuolo fanno sì che, oggi, Spalletti abbia due risorse in più in avanti, due elementi che - per ragioni anagrafiche (classe '99 Scamacca, classe 2000 Raspadori) - possono rappresentare una preziosa dote per l'Italia anche a medio-lungo termine e non solo nei prossimi impegni.