La 'solitudine' di Allegri e i motivi che ne mettono in dubbio il futuro alla Juve
In un contesto a dir poco delicato come quello della Juventus di questa stagione, con questioni giudiziarie in ballo e conseguenti ribaltoni societari, appare chiaro il ruolo ancor più cruciale del tecnico: Massimiliano Allegri, al di là delle scelte di campo e del lavoro settimanale, sta vestendo spesso i panni del parafulmine e del punto di riferimento, con il mare in tempesta.
Una sorta di "uomo solo al comando", utilizzando una suggestiva e felice espressione del gergo ciclistico, che non va però considerato come del tutto saldo e sicuro nella propria posizione in panchina: questo è quanto sottolinea oggi La Gazzetta dello Sport, soffermandosi sul futuro della panchina bianconera.
Perché Allegri non è al sicuro?
Il contratto fino al 2026 in linea teorica dovrebbe rappresentare un appiglio più che sicuro ma, secondo il quotidiano, Allegri è perfettamente consapevole che in società il sostegno verso di lui non sia più unanime e incrollabile, col pareggio interno col Nantes ad aggravare la situazione (in attesa del ritorno).
Le dimissioni di Agnelli, per fotografare il quadro d'insieme, hanno sancito un punto di rottura sostanziale e Allegri è divenuto dunque più esposto a critiche e umori del momento, diventando al contempo ancor più responsabilizzato.
La società bianconera, a dire del quotidiano, presenta tratti molteplici e anime diverse: il dubbio principale su Allegri non riguarda il suo spessore in senso assoluto, anche alla luce dei risultati ottenuti in passato, ma la possibilità di adattarlo a un contesto sempre più incentrato sui giovani.
I casi virtuosi di Miretti e Fagioli, valorizzati dal tecnico livornese, non bastano dunque a rassicurare chi lo vede soltanto come gestore di campioni già affermati. I risultati e la crescita dei giovani saranno dunque i due criteri cardine per capire se Allegri resterà in panchina, la Gazzetta dal canto proprio spiega anche come il tecnico si senta più "isolato" rispetto a quanto accadesse in precedenza, non potendo più contare sull'appoggio di figure autorevoli come Agnelli e Nedved (figura chiave di raccordo tra giocatori, allenatore e dirigenza).