La storia del calcio alle Olimpiadi

Un rapporto conflittuale e ricco di contraddizioni mai del tutto superate
British Olympic football team, Berlin Olympics, 1936.
British Olympic football team, Berlin Olympics, 1936. / Print Collector/GettyImages
facebooktwitterreddit

Il calcio come figlio di un Dio minore? Scenario fantascientifico a una prima occhiata, in controtendenza rispetto alla narrazione consueta, quella di una sovraesposizione mediatica del pallone rispetto ad altri sport che finiscono per risultare sottovalutati. Nel contesto europeo diventa anche superfluo citare quanto il calcio sappia dimostrare le propria natura popolare, "più che sportiva", ma non mancano circostanze in cui lo stesso sport che infiamma gli animi e riempie gli stadi diventa una timida copia di sé, ospite indesiderato o trascurabile. Non ci riferiamo alle latitudini in cui il richiamo del pallone è poca cosa rispetto ad altri sport, ci soffermiamo invece sul calcio come sport olimpico e sulla presenza del calcio stesso all'interno delle Olimpiadi.

Il calcio alle Olimpiadi: rapporto antico ma complesso

Possiamo innanzitutto prendere le distanze dall'idea di un calcio come "fratello minore" delle altre discipline olimpiche per un fattore di anzianità: seppur in forma embrionale il calcio ha fatto parte delle Olimpiadi dell'era moderna fin dalla loro seconda edizione, nel 1900 (pur con una forma e delle partecipanti peculiari, tanto da non godere del riconoscimento FIFA fino al 1908) ed è rimasto una presenza fissa ad eccezione di Los Angeles 1932. Le prime competizioni calcistiche nel contesto olimpico dovevano fare i conti con uno sport ancora non strutturato e con ostacoli tali da compromettere il valore sportivo degli incontri: nel 1900 non parteciparono le Nazionali ma squadre sociali scelte dalle Federazioni (Club Francais, Upton Park e una selezione di studenti dell'Università di Bruxelles).

Olympic Football
Olympic Football / Central Press/GettyImages

Una formula che fu riproposta anche in Canada nel 1904, con una selezione canadese e due statunitensi a darsi battaglia (con l'Oro che andò ai padroni di casa canadesi, col Galt Football Club). Nonostante il riconoscimento della FIFA a partire dal 1908, con l'ingresso in scena delle Nazionali, aspetti critici e controversi hanno continuato a toccare il torneo calcistico olimpico, pensando anche semplicemente alle defezioni di importanti Nazionali e alle formule cambiate in corso d'opera. Il tema portante, il pomo della discordia principale, riguardava probabilmente il nodo del professionismo di alcune realtà calcistiche europee e - più in generale - la necessità di aprire il torneo olimpico ai soli dilettanti.

Una sfida sbilanciata (e poco attraente)

La difformità tra i vari contesti e lo scarso interesse attorno alla competizione hanno fatto da filo conduttore a lungo, con la spaccatura del 1930 come emblema: la FIFA spingeva per superare il dilettantismo come criterio di partecipazione al torneo olimpico di calcio, il Comitato Olimpico Internazionale dal canto proprio arrivò a escludere in toto il calcio dall'edizione di Los Angeles 1932 (per la diversa posizione sul tema del dilettantismo e per un interesse ridotto negli USA rispetto al calcio). Si posero di fatto le basi per la nascita del Mondiale FIFA, prima edizione nel 1930, andando ad amplificare ulteriormente la scarsa risonanza del calcio come sport olimpico.

Soccer - Romario
Romario / Marc Francotte/GettyImages

Al contempo, come accennato, anche dopo il ritorno del calcio tra gli sport olimpici (già a partire dal 1936) resisteva il differente trattamento tra realtà formalmente dilettantistiche (come il "blocco orientale") e altri contesti calcistici che si trovavano svantaggiati: la supremazia delle realtà dell'est, caratterizzate dallo status dilettantistico anche per gli atleti della Nazionale maggiore, tolse ulteriore attrattiva a una competizione che tagliava fuori Nazionali dal grande seguito e dal ricco palmares. Dal 1984 in poi il distinguo cambiò, non si trattò più di escludere l'accesso ai calciatori professionisti: al torneo olimpico potevano partecipare solo gli atleti che non avevano mai giocato un Mondiale (comprese le sfide di qualificazione).

Gli ultimi sviluppi

Per quanto professionisti, dunque, i calciatori implicati nella competizione olimpica non erano quelli in grado di infiammare il pubblico: restava invariato lo scarso interesse verso il torneo (anche al di là del superamento della supremazia sovietica). Un altro passaggio chiave, quello che tutt'ora resiste e caratterizza il calcio alle Olimpiadi, riguarda il criterio anagrafico: il torneo calcistico - da Atlanta 1996 in poi - diviene una competizione tra Nazionali Under 23 (criterio che si riflette anche sulle modalità di accesso, tramite cioè i risultati ottenuti nelle competizioni continentali a livello di U21).

TOPSHOT-FOOTBALL-OLY-2020-2021-TOKYO-PODIUM
Il Brasile a Tokyo / TIZIANA FABI/GettyImages

La presenza di tre fuoriquota, comunque valida e preziosa per i selezionatori, non basta a elevare del tutto il peso di un torneo rimasto un parente "povero" delle competizioni calcistiche più seguite e combattute. Anche i singoli campioni che sporadicamente prendono parte al torneo olimpico, in sostanza, non garantiscono quel grado di competitività e di appeal associato alle competizioni internazionali più note (dai Mondiali agli Europei, passando per la Coppa America).

Un disinteresse che peraltro - a livello di Nazionale italiana - risulta amplificato dalla ormai abituale assenza degli Azzurri, una mancata partecipazione che dura ormai dal 2008 e che ha contribuito ad allontanare ulteriormente i tifosi italiani dal calcio nel contesto olimpico. Quando ci avviamo all'epilogo del torneo calcistico in seno alle Olimpiadi, Parigi 2024, può risultare ancor più deleterio quanto accaduto nella sfida di debutto: un caos senza precedenti che - certo - non ha contribuito a migliorare il rapporto già conflittuale tra i cinque cerchi olimpici e il pallone.