La viralità come stella polare e l'era della post-verità: cosa ci dice il caso Pogba
Si ritiene che la sfida più ardua da affrontare nel futuro più prossimo, nella prospettiva del racconto mediatico anche al di fuori dell'ambito sportivo, sia la necessità di verificare quali contenuti siano prodotti da esseri umani e quali, al contrario, siano frutto di elaborazioni di intelligenze artificiali. La frontiera su cui si gioca il futuro della comunicazione, in sostanza, viene riassunta nella contrapposizione tra "reale" e "fake", dove la falsità risiederebbe in un contenuto posticcio, imitazione della realtà, rappresentazione più o meno fedele o verosimile, ma non verità. Il necessario discernimento e il senso critico, spostandoci sul presente, fanno comunque capolino e ci rendono chiaro quanto l'intelligenza artificiale non sia la sola condizione possibile per generare una forma di post-verità, un mondo di informazioni sospese tra il verosimile e l'irreale, tra ciò che accade realmente e ciò che - data la viralità - rende ininfluente il concetto stesso di verità e lo supera.
Viralità vs verità
Cosa c'è del resto di più intrigante, di più perturbante, di un protagonista del mondo del calcio che - pur in vita - rivela al mondo di essere morto, di non esistere più? La popolarità del protagonista in questione, Paul Pogba, fa sì che di per sé la "notizia" abbia buone possibilità di girare incontrollata, di instaurare un rapido tam-tam mediatico, la presenza poi di un tono così grave e di parole così forti ("Paul Pogba è morto", nello specifico) non fa che amplificare la risonanza del tutto. Il discernimento di cui sopra diventa dunque irrilevante, del tutto superfluo e fastidioso come una zanzara, al cospetto del peso di "milioni di visualizzazioni", davanti all'idea di una trottola che gira inarrestabile di fronte agli occhi di tifosi, di appassionati ma anche di chi capita lì per caso.
La genesi di un errore
Pogba ha detto di essere morto, possiamo domandarci se lo abbia detto realmente? Quando? In quale contesto abbia pronunciato simili parole? A quanto pare non possiamo, o perlomeno potremmo ma ci guardiamo bene dal farlo. Non si parla qui di portali dall'indole gossippara o di qualche sospetto spazio online infarcito di contenuti clickbait, si parla di chi fa della credibilità e dell'autorevolezza un proprio tratto distintivo. Tutto parte da un pezzo (poi rimosso dopo la smentita del giocatore) di The Guardian Nigeria, del 23 giugno, in cui si sosteneva che stessero per uscire dichiarazioni dirompenti dello stesso Pogba, di fatto parole che avrebbero sancito l'addio al calcio e che il francese avrebbe rilasciato in una video-intervista a hietip.sports. Nell'articolo si citava un virgolettato in cui Pogba spiegava, appunto, di essere "morto, finito, di non esistere più".
Ecco il video estrapolato dal suo reale contesto:
La forza evocativa di simili parole e l'anticipazione di altre fantomatiche dichiarazioni in arrivo hanno fatto sì che, dal 23 giugno fino a ieri, importanti testate riprendessero anche in Italia quanto affermato da The Guardian Nigeria: si cita ad esempio, come emblema di quanto accaduto, il fatto che l'agenzia Ansa (che a posteriori riporta la smentita del calciatore) abbia riportato per filo e per segno la notizia, senza ipotizzare che potesse esserci un fraintendimento di fondo, senza andare effettivamente a verificare cosa fosse hietip.sports e quale fosse il contenuto del video divenuto virale, visto e commentato da milioni di persone.
Collage creativi: le non-notizie
Ed è proprio dal breve video diffuso su TikTok da hietip.sports che si può arrivare al dunque, ma anche con una breve ricerca su YouTube tra le interviste più recenti concesse da Pogba: lo spezzone in questione, quello in cui Pogba si dà per "morto, finito" altro non è che una frase - decontestualizzata - tratta da un'intervista concessa ad Al Jazeera, diffusa dai canali social ufficiali dell'emittente, in cui il francese raccontava la crudeltà del mondo del calcio, il modo in cui ti fa scivolare dalle stelle alle stalle in breve tempo. Non si trattava dunque di quel messaggio e, soprattutto, non si tratta di parole attuali ma di dichiarazioni addirittura precedenti alla squalifica per doping (arrivata a settembre).
Al di là dell'opera fisiologica di cancellazione a posteriori operata da chi ha diffuso la "notizia" è evidente che, nella memoria, resista adesso quel tipo di messaggio posticcio attribuito a Pogba: smentite e rettifiche, talvolta, pesano meno della stessa viralità e non riescono a intaccare il peso di un sasso lanciato (nascondendo poi la mano). Si sfocia così in un contesto di post-verità, in cui plasmiamo i fatti al di là del loro contenuto sostanziale e del loro tempo, dando vita a collage suggestivi e a narrazioni studiate ad arte. Uno scenario che, ci viene da intuire, lascerà davvero vita facile a chi vorrà produrre contenuti non genuini per bearsi del riscontro conseguente - anche nell'era dell'IA - e che ci conduce a interrogarci su cosa significhi attraversare questo contesto mediatico, coi protagonisti sulla carta più autorevoli che diventano vittime di un sistema ormai acritico, impermeabile a ogni forma (anche elementare) di riflessione.