Le gambe che tremano e quel quadro di Chagall: la strada di Buffon per tornare a vivere
"G. apre gli occhi a fatica e impiega un po' per capire dove sia. Ogni mattina, dopo qualche secondo, realizza tutto e vorrebbe tanto richiudere gli occhi, tornare al sonno. Si deve alzare, non ci son santi. G. prova a farsi forza, anche oggi, ma non la trova quella forza e si sente più debole del solito. Eppure è andato a letto presto la sera prima. Le gambe tremano, assecondano quel suo desiderio di restare nel letto, e tutto ciò che lo spinge fuori è inerzia. Le energie residue lo portano fino alla macchina, G. chiude lo sportello e si prepara per l'ennesima giornata, uguale a tutte le altre".
I fantasmi non sanno chi vive dentro le case. Girano nella notte e s'infilano dalle finestre, non guardano certo i nomi scritti sul citofono e non prendono in considerazione il conto in banca, il fisico, la popolarità. Del resto tutti hanno una mente: potrà stupire qualcuno, chi davvero non ha mai provato a pensarci, ma anche chi è bello, ricco e famoso ha una testa che viaggia, si muove, si sposta da un pensiero all'altro. Una mente che costringe a fare i conti, quotidianamente, col presente e col suo significato: sei un idolo, hai in mano il mondo, sai che la maggior parte delle persone che ti circondano vorrebbe svestire i propri panni per indossare i tuoi, anche per un solo giorno. Per qualche tempo ti basta, tu sei un calciatore di Serie A e sei stato toccato dal raggio magico della fortuna, della gloria, della vita che non può più essere dura. Eppure ci si abitua a tutto, anche a questo.
Se poi perdi il senso delle cose, se senti di poter fare tutto e dai per scontata quella tua onnipotenza, finisci per perderne il gusto e per non capire più che gioco sia. Anche perché, dall'altra parte, esistono delle pressioni, esistono dei doveri, c'è chi è pronto ad additarti per ogni errore e a misurare il tuo talento col metro di paragone dei milioni che ingrossano il tuo conto. La bilancia della vita a quel punto perde l'equilibrio e si sposta tutta dalla parte del male: ci sono quelli che lavorano in fabbrica, ci sono quelli che si spaccano la schiena, quelli che fanno fatica a metter su la cena, ma hai anche tu il diritto di soffrire, come ogni essere umano che, prima o poi nella vita, si trova a fare i conti con sé stesso. Sei un calciatore di Serie A, esatto, ma non è solo questo: giochi nella Juventus, la squadra più popolare, e difendi i pali della Nazionale. Se un tifoso qualsiasi, o persino qualcuno che non segue il calcio, provasse a immaginarsi "la vita di Gigi Buffon" se lo figurerebbe a testa alta, forte, solido come una roccia, sempre. Se poi lo pensasse venticinquenne lo vedrebbe anche nel fiore degli anni, con tutto ancora davanti: trofei, palcoscenici inarrivabili che diventano veri, una celebrità sempre crescente.
Eppure le gambe tremavano, alzarsi dal letto era il vero trofeo irraggiungibile. E dopo la sveglia c'era la strada per andare ad allenarsi, il lavoro sul campo, c'erano le partite e c'era il giorno dopo: Buffon ha fatto un miracolo, Superman decisivo, oppure anche Buffon sbaglia, non esaltatelo troppo, non è il migliore come qualcuno sostiene. Quindi, al massimo, chiunque non sia quella cosa lì (il portiere della Juve, il numero uno dell'Italia), potrà pensare a un calciatore che si rovina la vita annegato dal troppo lusso, da una ricchezza che sfocia nel vizio. Che sforzo richiede, invece, pensare a un calciatore che teme per la propria salute mentale? Che scopre di poter scivolare a passi svelti nel baratro della depressione? Ma c'è qualcosa che fa ancora più effetto ed è la risalita: la presa di consapevolezza da un lato e la strada per riprendere il controllo. Può sembrare un film, un discorso romanzato per amplificarne l'effetto, ma è vita quotidiana di una persona e - per questo - vale ancora di più. Perdere contatto con il supereroe (quello mediatico) e incontrare nuovamente l'uomo: la strada di Buffon per non inciampare in quel baratro.
"Quando Chagall mi dipinse avrà avuto una trentina d'anni, Marc aveva questa fissazione per il volo, l'estasi dell'amore di due amanti che si librano per aria...dove nessuno li può raggiungere. E anche quando dipinse me aveva nel cuore il volo, tanto che - pensate - teneva la mano della moglie e sorrideva mentre questa si librava per aria. Ma non la tratteneva, era come se fosse un aquilone, un gioco fatto durante un pic nic. Mi dipinse che si erano sposati da poco e mi arricchì coi posti del loro cuore. Nel 2004 mi fecero fare un viaggio in Italia, mi spostai a Torino. Veniva tanta gente a vedermi, venivano innamorati che si riconoscevano nel pittore e nella moglie che volava. Venivano scolaresche chiassose: qualcuno rideva e tanti neanche mi guardavano. Poi, un giorno, entrò nel museo un ragazzo alto e moro, avrà avuto poco più di 25 anni e, quando entrò nella sala, fece girare tutti quanti, lo indicavano. Era spaesato, forse, ma attento. Mi si parò davanti per qualche secondo e proseguì. Difficilmente un giovane così entrava da solo alla mostra, mi sorprese ancor di più l'indomani, perché lo vidi ancora. Tutti si giravano e lo indicavano, un'altra volta, lui mi osservò più a lungo e mi parve di vederlo sorridere. Da diversi anni non mi ero sentito così importante. E ho continuato a chiedermi perché tutti lo guardassero...".