Le qualità complementari come limite o come risorsa: i casi di Parisi e Beltran

Ruoli identici a Biraghi e Nzola ma caratteristiche profondamente distanti: come sfruttare al meglio le differenze?
Lucas Beltran
Lucas Beltran / Nicolò Campo/GettyImages
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Come logico che sia, dopo un successo tanto sudato quanto cruciale in un potenziale scontro diretto, la Fiorentina può godersi diversi aspetti incoraggianti e può sentirsi rinfrancata rispetto alla comprensibile desolazione successiva alla disfatta di San Siro. La difesa appare ancora traballante, tra le più perforate dal campionato, ma - al di là di un inizio in salita - la squadra di Italiano ha saputo dare segnali importanti sul fronte della capacità di reazione e della varietà di soluzioni offensive (a fronte del nodo dei centravanti ancora a secco).

Tra le note liete di cui dar conto spiccano, se non altro per un logico senso di novità, quelle legate alle prove di Fabiano Parisi (autore di una prestazione in crescendo) e di Lucas Beltran, subentrato a Nzola e capace di lasciar intravedere guizzi degni di nota pur senza trovare la via del gol. Due note positive che, d'altro canto, portano alla luce una sorta di paradosso o comunque un aspetto cruciale osservando i calciatori con cui Parisi e Beltran si trovano a battagliare per un posto: da un lato Cristiano Biraghi e dall'altro Mbala Nzola.

Stesso ruolo, caratteristiche opposte

In entrambi i casi torna valido il concetto di complementarità, si tratta insomma di giocatori che rappresentano in qualche modo l'uno la "nemesi" dell'altro o - comunque - un modo diametralmente opposto di interpretare il ruolo rispettivamente di terzino sinistro e di prima punta. Sul fronte Parisi-Biraghi abbiamo già potuto notare in modo dirompente quanto il primo, certo più dotato sul fronte dello spunto in dribbling, fatichi ad andare al cross e lo faccia con esiti meno insidiosi rispetto al capitano gigliato, un vero e proprio specialista di quel fondamentale.

Fabiano Parisi
Parisi / Gabriele Maltinti/GettyImages

Anche le statistiche della stagione scorsa ci dicono tanto in tal senso, con Biraghi come crossatore principe del campionato e con Parisi che vanta numeri da ala per quanto riguarda l'uno contro uno. Al contempo l'ex Empoli ha mostrato una maggiore tendenza ad accentrarsi e a svariare, rispetto a un Biraghi che fa della fascia sinistra il proprio esclusivo dominio, risultando più prevedibile del giovane compagno di squadra.

Al di là della situazione del gol di Koopmeiners, poi, Parisi ha dimostrato anche attenzione ed efficacia in zona difensiva, andando a completare una prova sicuramente in crescendo. Rimane evidente, però, come i due terzini mancini dei viola risultino di fatto complementari nel loro modo di interpretare il ruolo: puntando su uno o sull'altro si guadagna qualcosa da un lato e si perde inevitabilmente qualcosa di altro.

Fisico o tecnica?

Discorso speculare a quello legato al potenziale dualismo Nzola-Beltran, un duello che fin qui ha visto l'angolano collezionare un maggior numero di minuti tra Serie A e playoff di Conference League (368' contro i 172' dell'argentino). Ciò che non cambia è il numero di gol fin qui: zero, sia per l'ex Spezia che per l'ex River, tanto da generare già qualche mugugno o qualche forma di apprensione nella tifoseria (replicando insomma quanto accaduto con la coppia Cabral-Jovic).

M'Bala Nzola
Nzola / Gabriele Maltinti/GettyImages

La faccenda della complementarità, già citata sulla corsia sinistra della difesa, torna però prepotentemente in ballo: da un lato un centravanti che fa dello strapotere fisico e atletico il proprio punto di forza, andando a fare da sponda e a battagliare coi centrali di turno, d'altro canto un elemento più capace di dialogare coi compagni e di brillare per giocate individuali (come si è visto nello spunto che ha aperto poi l'azione del 3-2 contro l'Atalanta).

Anche qui, dunque, abbiamo di fronte due maniere contrapposte di interpretare lo stesso ruolo, quello di terminale offensivo nel 4-2-3-1: differenze così evidenti da condurre tifosi e addetti ai lavori a immaginare, almeno sulla carta, possibili incastri per far convivere i due. Difficilmente però, almeno dal primo minuto, l'idea di Nzola e Beltran insieme in campo troverà applicazione: Italiano non rinuncia ai suoi esterni, a quegli elementi rapidi e in grado di saltare l'uomo che portano scompiglio nelle difese avversarie, e non arriverà dunque a immaginare una coppia d'attacco incompatibile coi suoi principi di gioco.

Anche in questo caso, insomma, si tratterà di scoprire il lato più luminoso di questa complementarità, andando a capire (anche in base alle caratteristiche dell'avversario) quando converrà puntare su un centravanti più fisico o su una punta più abile tecnicamente e nel dialogo coi compagni. Un discorso che, nell'era dei cinque cambi, può emergere sempre di più come risorsa: quanto accaduto con l'Atalanta, per certi versi, può suggerirci un copione virtuoso, lasciando intendere quanto Beltran possa risultare un'arma utile e minacciosa anche da subentrante.