Lotta salvezza: cosa manca e dove hanno sbagliato Cagliari, Torino e Fiorentina?
Campionato tanto strano quanto avvincente, sia nelle zone nobili che nei bassifondi della classifica di Serie A, dove squadre ricche di storia come Cagliari, Torino e Fiorentina stanno rischiando grosso ogni giornata, perdendo punti e scontri diretti che sarebbero invece pressoché salvifici nella rincorsa alla salvezza. Analizziamo pregi e difetti delle tre rose in questione, difficilmente viste in una lotta tanto serrata andando a ritroso negli anni: e che non sia proprio il vivere di bei momenti e ricordare tempi migliori il problema che affligge società e squadre in causa?
Cagliari
E proprio partendo dal Cagliari, per una questione prettamente di classifica, vale il discorso che introducevo poc'anzi: vivere di ricordi, non tanto legati alla storia ed alla tradizione passata del club, comunque importante e gloriosa, potrebbe essere uno dei problemi interni alla rosa. Dal tecnico Di Francesco a Radja Nainggolan, passando per Godin e Joao Pedro: quattro elementi cardini, guida, esemplari all'interno della società, ma che per un motivo o per l'altro hanno reso o stanno rendendo al di sotto delle aspettative. Parlando del tecnico, egli si è dimostrato eccessivamente dogmatico e legato ai propri principi/moduli di gioco nel corso della stagione, affidando a Joao Pedro il compito di esterno d'attacco, lontano dalla porta, non cambiando quasi mai stile di gioco e rivalutandosi poco all'interno della singola partita e nella stagione. Risultato? Un attuale penultimo posto che sa di mezzo fallimento, viste le premesse della vigilia ed i giocatori a disposizione, soprattutto pensando che a Roma, lo stesso mister, aveva raggiunto la semifinale di Champions League (che vi dicevo riguardo il passato?).
Passando ai singoli, invece, va detto come Joao Pedro sia stato finora il migliore dei suoi, per attaccamento, spirito di sacrificio, orgoglio da capitano, pur non bastando: ci si aspettava molto di più da Godin, per quanto riguarda esperienza e continuità nella difesa a quattro, ed anche dal neo-acquisto Nainggolan, prelevato ancora una volta dall'Inter ma quasi mai in condizione perfetta per rendere al meglio. Giulini & Co. a livello societario han sicuramente le loro responsabilità: che non fosse meglio puntare su giovani e/o giocatori pronti sin da subito fisicamente?
Torino
Il Torino di Urbano Cairo non se la passa molto meglio dei sardi, ma il presidente granata ha avuto quantomeno il coraggio di esonerare mister Giampaolo, rimpiazzandolo con l'attuale tecnico Davide Nicola. Con l'ex Milan in panchina, il Torino alternava momenti di gran calcio a momenti di buio totale, assenza mentale dal terreno di gioco e, conseguentemente, subiva clamorose rimonte, anche nei minuti finali. Basti pensare che prima del Derby della Mole del 5 dicembre 2020, i granata hanno perso ben 14 punti da situazione di vantaggio, talvolta anche doppio, come contro Sassuolo (3-3) ed Inter (4-2 dallo 0-2 di fine primo tempo): e dove stava quindi il problema, comunque non del tutto risolto con Nicola in panchina?
Come per Di Francesco, anche per Giampaolo i propri dogmi, il proprio modo di giocare, la propria idea di calcio fatto di palleggio, profondità e ricerca dello spazio tramite manovra erano troppo belli per essere messi da parte e difendere il risultato: non dipendeva sempre e solo da lui, chiaro, ma la superficialità con cui il mister si specchiava ed allargava il petto di fronte a prestazioni e bel gioco, era stata probabilmente ripresa dai suoi giocatori, completamente inermi di fronte alla tempesta scatenata dagli avversari nei loro tentativi di rimonta, la maggior parte dei quali riusciti. E con Nicola, dicevamo, la musica non è completamente cambiata: il Toro è vivo, sempre, gioca di carattere e di rimessa, ma talvolta stacca la spina e subisce reti tanto banali quanto poi difficili da riprendere. La partita giocata a Bergamo settimane fa ne è la prova: in circa 20' il Torino ha subito tre gol da parte della Dea, in un tempo, per poi risvegliarsi dal lungo letargo ed andare a giocarsela a viso aperto, con solidità difensiva e coraggio in avanti, dove il Gallo Belotti deve essere trascinatore. Impresa dura, ma non durissima.
Fiorentina
Anche la piazza di Firenze, tanto storica, vive quest'anno un periodo difficile, dato da una classifica che piange e che, numeri alla mano, afferma come la Fiorentina fatichi a trovare la via del gol (22): solo il Parma di Liverani prima e D'Aversa poi sta facendo peggio, ma la Viola, dal canto suo, può contare su un organico decisamente migliore, fatto di individualità, tenori tecnici e personalità esperte. Abbiamo centrato il punto: ecco cosa è mancato durante l'era Iachini e cosa sta tuttora mancando al Prandelli bis sulla panchina della Fiorentina.
Giocatori esperti, tecnici, qualitativi come Biraghi, Milenkovic, Castrovilli e Ribery, passando per Amrabat e Bonaventura, oppure Kouame e Vlahovic, non hanno mai reso secondo aspettative: demeriti loro o tattica di gioco poco incentrata a far esprimere al meglio le loro caratteristiche?
La risposta giusta, come sempre, sta nel mezzo, perché Castrovilli si è sempre dimostrato altalenante e discontinuo, Amrabat non ha dato garanzie da regista e Ribery, causa anche qualche infortunio ed acciacco fisico, non ha mai illuminato l'attacco con giocate di classe o strappi di rapidità. A tutto questo menù di giocatori che han reso nettamente al di sotto delle aspettative per demeriti personali, si aggiungo figure come Vlahovic e Bonaventura che con Beppe Iachini giocavano di rado e che, al contrario con Prandelli, han ritrovato feeling con campo e gol, cercando di trascinare i compagni con spensieratezza e qualità. Forse sarà determinante proprio la spensieratezza dei giovani e la pacatezza del Prandelli uomo per raggiungere una salvezza che, numeri alla mano, ripetiamo, è cosa tosta, soprattutto perché a calcio si gioca, spesso, per vincere: e perciò servono i gol.
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